Dopo aver parlato della situazione editoriale di questo gdr “anni ’80”, ecco qualche nota sul contenuto.
Il Sistema di Gioco
System does matter! Con Dragon Warriors ci troviamo di fronte ad un gioco molto semplificato, aggravato forse qua e là da elementi che appesantiscono una struttura altrimenti veloce e schematica. Non c’è coerenza di regole o un “sistema unico di risoluzione dei problemi”. Ogni opzione, come nel D&D Basic, si sviluppa con proprie regolette e metodologie a se stanti, il che rende un po’ confusionaria la visione d’insieme. Tutte le traduzioni dei termini tecnici sono mie, ricalcate il più possibile sull’originale.
Ci sono 7 “professioni” che si possono scegliere: Cavaliere, Barbaro, Assassino, Mistico, Stregone, Elementalista (in diverse varianti e combinazioni possibili) e Warlock (si aggiungono a queste anche Monaco e Demonologo, che appaiono ai margini del “canone”) .
Ci sono anche 5 caratteristiche di base che sono: Forza, Riflessi, Intelligenza, Talento Psichico e Aspetto. Per determinare queste ultime si lanciano 3d6 una sola volta per ciascuna caratteristica e si tengono i risultati corrispondenti, senza alcuno spazio per scelte tattiche o aggiustamenti. Il lancio dei dadi per le caratteristiche e la scelta della Professione determinano praticamente tutto il resto di quello che un personaggio può fare: Attacco, Difesa, Punti Salute, Punti Magia, Attacco magico e Difesa magica, Elusione, Furtività, Percezione, Abilità speciali, Incantesimi da scegliere ed Equipaggiamento iniziale.
Molte capacità e Incantesimi dei vari personaggi sono distribuiti sui vari livelli di crescita, che sembra possano arrivare indeterminatamente oltre il 13esimo. Nelle abilità speciali delle varie professioni si avverte nettissimo il senso di confusione del regolamento: ogni abilità funziona praticamente a modo suo. Superato questo semplice scoglio, tuttavia, il resto del motore di gioco risulta mediamente più coerente.
I Punti Salute a disposizione sono i classici “punti vita” o “punti ferita”, ma. al contrario di altri giochi, il loro numero è sempre molto basso. La professione più resistente è quella del Barbaro, che ne possiede 1d6+9 al primo livello e ne acquista 1 ad ogni successivo, mentre quelle più fragili sono lo Stregone e l’Elementalista, che ne hanno 1d6+4 all’inizio e ne acquistano 1 ogni due livelli. Quando i Punti Salute raggiungono lo 0 si sviene e, se non si viene curati, è facile raggiungere i -3 Punti, che rappresentano la morte del personaggio. Considerato anche il fatto che ogni colpo subito causa la perdita di 3-6 Punti Salute, è facile notare come il rischio e il livello di mortalità siano molto alti.
Il sistema dei livelli (o meglio del “Rango”) funziona comunemente a Punti Esperienza. Ogni Avventura portata a termine dovrebbe conferire 5-10 punti esperienza a testa ad ogni giocatore, mentre ogni avversario sconfitto conferisce un (basso) numero di punti esperienza, da dividere tra gli avventurieri a discrezione del GamesMaster. Ho calcolato che, in questo modo, i livelli dopo il primo possono essere raggiunti con una media di 3-6 avventure alla volta, con una difficoltà che si va incrementando dal quinto livello in poi. Considerando anche l’alta mortalità di questo gioco, ogni livello raggiunto è un bel traguardo.
Tutte le tipiche “situazioni d’avventura” sono affrontate in una modalità abbastanza semplificata. Non è un gioco tattico o dettagliato e le uniche situazioni contemplate sono, tanto per capirsi, l’illuminazione, la sorpresa, il combattimento al buio, l’ordine di battaglia, le porte chiuse, furtività e percezione, seguire tracce, arrampicarsi e cadere. Come nel caso delle abilità dei personaggi, ogni situazione segue un proprio metodo peculiare, ma qui si intravede già un barlume di luce nella nota “Casi speciali”. “Se c’è una situazione non coperta da queste regole” si legge più o meno riassumendo e traducendo alla buona, “il GamesMaster sceglie la caratteristica attinente del giocatore interessato, questi tira 1d20 e riesce nell’azione voluta se il risultato è minore della sua caratteristica.” Insomma 1d20 contro la caratteristica rilevante.
Un’altra opzione segnalata è quella dei “Casi molto speciali”. In situazioni in cui alcuni eventi possono avvenire indipendentemente dalle caratteristiche dei giocatori, il GamesMaster tira dei dadi percentuali e confronta il risultato su una serie di possibilità statistiche da lui stabilite.
Viene da pensare che se ci si fosse attenuti maggiormente a queste due dinamiche (perfino combinate assieme) tutto il regolamento sarebbe stato assolutamente più scorrevole e lo stesso ragionamento sembrano averlo avuto Johnson e gli appassionati inglesi del gioco, che sembra abbiano sviluppato delle conversioni e home rule per semplificare il sistema (si veda il già citato e gratuito Ordo Draconis 1).
Le regole di combattimento sono un po’ più organiche. Si agisce a turni ed in ordine di iniziativa. Chi attacca, lancia 1d20 e deve ottenere un risultato inferiore o uguale al valore del proprio Attacco meno la Difesa dell’avversario: 1d20 ≤ (Attacco proprio – Difesa altrui). Se questo tiro per colpire riesce, si deve effettuare un secondo tiro, per vedere se l’arma usata riesce a superare la protezione dell’armatura dell’avversario. In caso anche questo tiro riesca, si infliggono i danni (fissi) dell’arma utilizzata.
Con i pochi Punti Salute che si posseggono, la morte può arrivare facilmente per tutti.
Per quanto riguarda la magia, ogni tipo di incantatore ha un numero di Punti Magia a disposizione, per lanciare i propri incantesimi. Un incantesimo di 1mo livello costerà 1 Punto Magia, uno di 2ndo livello 2 Punti Magia e così via… Inoltre, gli incantatori non possono lanciare incantesimi di livello superiore al proprio rango di personaggio. A parte alcune varianti a queste semplici regole e le diverse liste di incantesimi proprie dei vari tipi di incantatori, sulla magia si è detto pressoché tutto quanto fosse rilevante. Ci sono ovviamente regole relative a raggio e durata degli incantesimi, all’Attacco Magico e alla Difesa Magica, incidenti magici ed equipaggiamento speciale, ma questa parte scorre via liscia come l’olio.
Tutti gli elementi in genere appannaggio dei GamesMaster sono spiegati con appositi paragrafi e tabelle: background dei personaggi, malattie, veleni, maledizioni, follia, consigli per condurre il gioco, l’uso dei mercenari, tesori e oggetti magici, possedimenti, mezzi di trasporto e cose di questo genere.
L’Ambientazione: il Mondo di Legend
Usando la stupenda sintesi dell’autore, Legend è “il sogno della vecchia Europa”. Lo scenario delle avventure fantastiche di Dragon Warriors è infatti palesemente il nostro vecchio mondo, trasposto con tutte le sue caratteristiche in un piano narrativo fantastico. Tutti i nomi propri sono cambiati, ma è facile vedere nell’Ellesland e nelle sue cinque provincie (Cornumbria, Albion, Ereworn, Thuland e Glissom) una versione fantasy della Gran Bretagna medievale, così come è facile riconoscere in Krarth un territorio vagamente norreno, nell’Impero di Selentine una trasposizione dell’Impero Romano (d’Oriente e Occidente), e ancora riflessi della nostra storia millenaria nei Khanati, nei Regni Crociati, nei monasteri della Vera Fede, nelle scimitarre e nei minareti dei popoli del deserto e nelle giungle e pagode del continente di Mungoda. Anche se a volte nelle vecchie edizioni vengono commessi errori grossolani di commistione tra il mondo fantastico e il reale (toponimi, nomi di santi, eventi storici), il tutto assume una certa coerenza ed è abbastanza gradevole. Nonostante gli autori, tra i propri intenti, considerassero la presenza della magia e del soprannaturale nella propria ambientazione un fattore raro e straordinario, dalla presenza delle grandi leggende, dagli agganci di avventura e dal bestiario traspare comunque un mondo pervaso da mille elementi fantastici, che il GamesMaster deve e può gestire come crede. Popoli non umani, mostri, demoni, eventi apocalittici, stregoneria e armate di nonmorti sembrerebbero essere all’ordine del giorno, anche se la popolazione conduce in genere la propria vita lontano da tali vicende misteriose.
In una recente intervista, Morris ricorda le storie e lo stile che stanno dietro alla sua creazione: le leggende di Robin Hood, le opere di Borges e Calvino e la Lyonesse di Jack Vance, un retroterra culturale mirifico e a volte fosco, fiabesco ma anche cavalleresco, raffinato e spesso epico.
Le Avventure
Assieme all’ambientazione e al flavour del gioco, devo dire che le Avventure sono l’aspetto più affascinante e meglio riuscito della linea. Le vicende da seguire e sviluppare sono al contempo semplici e stimolanti e trasmettono perfettamente quell’atmosfera, in parte fiabesca e in parte “alla Ivanhoe”, che mi è così piaciuta. Alcune di esse hanno un andamento a “scene”, altre riguardano, dopo breve introduzione, l’esplorazione di dungeon. In entrambi i casi le ritengo genericamente ben fatte e accattivanti. Una nota positiva aggiuntiva è che tutte le avventure, anche nella prima versione, sono accompagnate da mappe veramente ben fatte, quel genere di mappe che si fanno mangiare con gli occhi dagli appassionati di ruolismi e fantasticherie come me. Molte avventure posso essere combinate tra loro o giocate singolarmente e diverse presentano indovinelli o enigmi vari.
Le Illustrazioni
Le immagini originali, a parte le mappe, peccano di troppi “bassi” e pochi “alti” e rappresentano un paradigma di certa illustrazione degli anni ’80.. molto naive, a volte volutamente grottesca e dark, quasi sempre imprecisa tecnicamente e poco evocativa. Gli autori originari erano Leo Hartas, Bob Harvey, Jeremy Ford, Geoff Wingate e Russ Nicholson, molti dei quali artisti gravitanti attorno all’universo Games Workshop e al mondo ludico-fantastico di quegli anni.
Se l’illustrazione della versione originale è uno specchio coerente dello stile di quegli anni, certamente nobilitata dal livello delle mappe, quella della versione aggiornata è eccezionale. Il compito di incarnare lo spirito del gioco, nelle copertine e nell’artwork interno principale è affidato al bravissimo Jon Hodgson, purtroppo spesso limitato dalla resa bianco/nero delle figure interne. Accanto a lui operano diversi altri professionisti, comunque bravi o almeno dignitosi: Andy Hepworth, Scott Neill, Scott Purdy, Erik Wilson, Andy Law e Frazer Payne.
Un commento finale
Eccellente operazione editoriale, imperdibile per collezionisti, appassionati, curiosi e giocatori che gradiscono lo stile di gioco anni ’80, Dragon Warriors è un GdR fantasy che non è del tutto da scartare anche per il giocatore generico. Chi avesse la pazienza (minima) di risistemarsi un po’ le regole di magia e abilità dei personaggi, si troverebbe tra le mani un bel prodotto per serate da “gioco di avventura” veloci e coinvolgenti. La bella ambientazione, il flavour, gli scenari già pronti e tutto il materiale gratuito che c’è in giro permettono di organizzare delle sessioni divertenti e coinvolgenti, che mescolino avventura, qualche tocco di orrore e sense of wonder, interpretazione, tattica e ragionamento.
Il consiglio è ovviamente quello di comprare il bel manuale base e qualcuno dei fascicoli con le avventure già pronte, per esempio Prince of Darkness. Se poi Dragon Warriors vi dovesse appassionare, prendete pure con minima spesa tutto il resto..
Di certo lo sconsiglio ad amanti di giochi molto tattici, coerenti e dettagliati, power player, munchkin e maniaci del new wave, a meno che non si voglia consapevolmente tentare una piacevole escursione in un altro stile di gioco.