Copiando spudoratamente dal Blog di Jegriva, ecco un interessante contributo di Ron Gilbert, creatore di Monkey Island e “genio” del settore. L’articolo si chiama “Perché gli Adventure fanno schifo e cosa possiamo fare per correre ai ripari” ed è pensato per le Avventure grafiche, ma qui è riproposto con modifiche arbitrarie e adattato al concetto di Giochi di Avventura pen and paper. Qualcosa dell’atmosfera di Monkey Island è perfetto per descrivere Giocatori di Ventura e L’Isola Misteriosa.
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10) Ricompensare i tentativi: L’obiettivo dei Giochi di Avventura è essere divertenti. Cercate di capire cosa stanno cercando di fare i Giocatori. Se è esattamente ciò che il gioco richiede, allora portate per mano i Giocatori e lasciate che accada. Il fallimento più frequente di questo concetto si concretizza in quel meta-gioco che chiamo “cosa-vuole-farci-fare-il-Narratore”. Gli Avventurieri devono poter seguire i propri intenti, anche quando questo non rientra nella trama prevista.
11) Eventi sconnessi: Per dare un ritmo agli eventi, alcune trame possono prevedere delle sezioni inaccessibili finché determinati altri eventi non si siano verificati. Non c’è nulla di male in questo, è quasi una necessità. Il problema arriva quando l’evento che sblocca la nuova sezione del mondo è sconnesso. Se il Narratore vuole essere sicuro che 6 Oggetti siano stati raccolti prima che si apra una porta segreta, bisogna far sì che ci sia una ragione per la quale quei 6 Oggetti abbiano un legame con la porta. Se gli Avventurieri hanno raccolto solo 5 di questi Oggetti e stanno aspettando che la porta si apra (o, peggio ancora, stanno cercando un modo di aprire la porta stessa!), l’azione di prendere la torcia elettrica non avrà alcun legame logico con l’apertura della porta.
12) Date ai Giocatori delle possibilità: Un sacco di Giochi di Ruolo impiegano una tecnica che si potrebbe descrivere come “ingabbiamento del giocatore” (railroad). Questo si verifica quando si richede ai Giocatori di risolvere una piccola serie di incontri per avanzare all’Avventura successiva del gioco, che gli presenterà un altra piccola serie di incontri. Una volta che anche questi incontri siano stati risolti, in un’apparentemente infinita serie di gabbie, gli Avventurieri accederanno alla sezione successiva. Questo si può rivelare particolarmente frustrante se i Giocatori non sono in grado di risolvere una particolare situazione. Le aree da esplorare tenderanno ad essere piccole, così l’unica attività consisterà nel bighellonare cercando quell’unica soluzione a quell’unica situazione. Provate ad immaginare questo tipo di Avventure come una gabbia in cui i Giocatori si trovano intrappolati: l’unica maniera per uscire dal sotterraneo è trovare la chiave. Una volta che la chiave viene trovata, gli Avventurieri si trovano in un’altra gabbia.
Una maniera migliore per approcciare la progettazione di questo tipo di Avventure è concepire gli Avventurieri all’esterno delle gabbie e gli enigmi chiusi all’interno di esse! Con questo modello, i Giocatori hanno molte più opzioni per decidere cosa fare dopo. Hanno un’ampia rosa di gabbie da aprire. Se la soluzione di un particolare situazione li blocca, possono scegliere di affrontarne un’altra, incrementando in questo modo l’ammontare di attività possibili (sandbox). Naturalmente, sarà sempre necessario che ci siano delle Avventure che sblocchino la trama di una Campagna, ma gli Scenari dovrebbero essere abbastanza vasti e interessanti per fare freeroaming.
Un buon indicatore della “sindrome della gabbia” è la linearità del gioco. Se la trama segue un iter molto stretto, c’è una forte possibilità che nel tragitto il Narratore stia ingabbiando i Giocatori. Non è facile liberare un gioco dalle gabbie, perché richiede una particolare attenzione alla trama, che il Giocatore potrebbe vivere venendo da direzioni diverse. La maniera più facile è creare interazioni differenti per una data situazione a seconda dell’ordine che i Giocatori stanno seguendo.