Seconda parte dell’articolo su D&D 4ed apparso su Fantasy Magazine. Per chi fosse interessato alla materia, ecco l’elenco completo delle recensioni oppure la rubrica Giochi di Ruolo, curata da Luca Volpino.
La prima parte dell’articolo si può leggere QUI.
Adesso che si profila all’orizzonte una fantomatica Quinta Edizione, è il momento di concludere un ragionamento e un bilancio su quella precedente. Pur non essendo mai stato un gioco tendente al realismo, nella sua ultima incarnazione conosciuta D&D si è spostato ancora più radicalmente in direzione del fantastico più assoluto e inarrestabile. Questo “flavour” è stato, nel bene o nel male, una delle sue caratteristiche strutturali più connotanti e va considerata una parte fondamentale del successo o dell’insuccesso del prodotto.
Senza mezzi termini, in D&D 4, fin dal primo livello i personaggi si configurano come Eroi, straordinari avventurieri uniti insieme da un destino di imprese formidabili che diventano via via sempre più eccezionali, di pari passo con il potere da loro raggiunto. Non paghi di essere semplici eroi, giunti all’undicesimo livello essi divengono dei personaggi “leggendari” e infine “epici” al livello ventunesimo, in un escalation inarrivabile di gesta cosmiche al termine del quale (trentesimo livello) essi porranno fine alle proprie imprese raggiungendo l’obiettivo della loro esistenza e ritirandosi con i poteri e le ricchezze di una sorta di divinità minore.
Il mondo in cui questi eroi si muovono è anch’esso un universo stracolmo di incantesimi, esseri fantastici, mostri, oggetti magici, razze senzienti e piani di realtà vicini al mondo terreno, dove qualsiasi cosa può avvenire. Demoni, diavoli, celestiali, elementali, esseri di ogni natura e livello di potenza, abominazioni terrificanti e centinaia di razze intelligenti convivono su continenti e regioni modificate dalla magia tanto da avere rocce volanti, cascate di fuoco, abissi spalancati e lune che si incrociano in cielo.
Ogni locazione in cui si muovono i personaggi deve essere straordinaria, fantastica e piena di “effetti speciali”, senza alcun interesse a ecosistemi, società, geografie o annalistiche che possano avere una qualche coerenza interna. Siamo ormai ben lontani dal “medioevo fantasy” delle origini, dove ogni tanto si infiltrava un goblin o un verme-iena, ma anche dall’Eberron o dal Greyhawk della terza edizione. In quei casi, a supportare un universo senza fine di possibili avventure fantastiche, vi era comunque un mondo coerente e logico, con le proprie regole, il proprio ambiente e la propria economia. Adesso l’esigenza è completamente diversa.
Non è un caso che il ciclo di vecchie ambientazioni che subiscono un reboot alla Quarta Edizione si apra con la riproposizione dei Forgotten Realms, tra tutti i setting “classici” quello più straripante di magia, creature disparate, meraviglie senza fine e fantasmagorie di ogni genere. I Reami Dimenticati vengono così rinnovati e la nuova versione esce nel 2008, seguita da Eberron nel 2009 e Dark Sun nel 2010, tutte ovviamente aggiornate allo stile e alle regole del nuovo prodotto.
Nel 2011, complice anche la crisi evidente del prodotto, non vengono presentate nuove ambientazioni, ma si approfondisce il mondo dei Forgotten Realms, con il modulo dedicato alla città di Neverwinter.
Attraverso questi anni, tuttavia, il maggior numero di moduli e avventure riguardano l’ambientazione “ufficiale” del gioco, ovvero “La valle del Nentir”, anche detta “Punti di luce” (“Points of Light”).
Proprio per questo senso dell’eccezionale, del portentoso e del super-eroistico che pervade tutto il gioco, l’ambientazione “base” della Quarta Edizione è considerata semplicemente uno scenario mirabilante delle imprese straordinarie dei personaggi. La stessa natura di sottofondo che le locazioni delle avventure devono possedere fa sì che non si sviluppino particolarmente il loro “realismo” e la loro attendibilità concreta, ma molti elementi vengono lasciati completamente indeterminati, fintanto che il Dungeon Master non deciderà di approfondirli con proprie idee oppure, molto più concretamente, per sempre.
Il concetto chiave della nuova ambientazione è che al mondo vi sono dei “Punti di Luce” costituiti da città, cittadine, comunità e villaggi di popoli pacifici, dove i personaggi possono rifugiarsi, curarsi, equipaggiarsi e prepararsi alle avventure future, circondati da un mare di tenebra ricolma di mostri da uccidere, rovine ancestrali da saccheggiare, minacce da affrontare e segreti da svelare.
I centri civilizzati sono pochi e distanti tra loro e hanno sempre bisogno di avventurieri che affrontino le minacce esterne, ma sono anche luogo di mercati magici stracolmi di tutto quello che serve agli eroi, templi di tutte le divinità, gilde, palazzi e luoghi minori di avventura.
In qualunque momento, gli avventurieri che girano tra questi “Punti di Luce” potrebbero essere assoldati per scortare carovane, esplorare tane di mostri troppo vicini, affrontare bande di razziatori o sconfiggere “signori delle tenebre” che si annidano in covi a un giorno di cammino dal villaggio.
Nei moduli presentati, questo scenario prende lievemente forma come “La Valle del Nentir”, una regione circondata da un muro di nebbie e spiriti che non si può attraversare e nel quale vi sono le suddette comunità isolate e le già nominate ondate di pericoli e avversità. Nonostante questo “sandbox” sia rimasto isolato da anni, in esso convivono decine di razze senzienti (buone o cattive che siano) e migliaia di mostri di tutte le specie, in attesa solo di venire sgominati dai nostri eroi.
Man mano che crescono di livello e salgono di rango, i personaggi cominceranno a lasciare la superficie della Valle per fare delle capatine nel Sottosuolo (l’Underdark per gli anglofoni), il sistema di abissi e caverne senza fine che si trova sottoterra e tracima letteralmente di mostri, per poi indirizzarsi verso i Piani Esterni, lasciandosi alle spalle il mondo terreno.
Da una parte dunque gesta epiche, cosmiche, colossali, dall’altra un fazzoletto di terra richiuso su se stesso, fatto di “punti di luce in un mare di tenebra” da cui sfuggire solo per andare su altri piani. Un contesto abbastanza irreale, in cui è difficile immedesimarsi, in cui è impossibile credere davvero. Sarà stata (anche) questa irrealtà totale e straniante a sancire l’ormai conclamato insuccesso di questo gioco?
Continua…