La rubrica “Il Codice Cariddi”, appare dal 2007 sulla testata Ufficio Spettacoli, per indagare e raccontare segreti e misteri della Sicilia e in particolare del suo settore nord-occidentale: Messina, lo Stretto, le Isole Eolie, il Valdemone. I testi sono completamente rivisti rispetto all’originale, a seguito di studi successivi e dell’esigenza di una coerenza di temi e stile propria di una pubblicazione più matura.
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Nate come strumento per il computo del tempo, le meridiane divennero ben presto modello di comprensione delle coordinate celesti, spunto di riflessione sui fenomeni astronomici e concetto simbolico, filosofico e religioso. In Sicilia le meridiane apparvero nell’antichità greca, ma ebbero lo sviluppo matematico e monumentale più consistente solo in età moderna.
La grande meridiana di Messina fu costruita da Antonio Maria Jaci, geniale studioso che era riuscito a laurearsi a soli 18 anni in fisica, matematica e medicina, studiando alla biblioteca pubblica per l’impossibilità di acquistare testi e giornali.
Diventato gesuita e sacerdote, Jaci insegnò filosofia e matematica al seminario arcivescovile, ma per vivere fu anche costretto a costruire attrezzature scientifiche.
Fu tra il 1802 e il 1804 che questo filosofo matematico, questo sacerdote astronomo, elaborò e costruì il proprio capolavoro, su incarico dell’Accademia Peloritana. Pur essendo quasi cieco, lavorando senza potersi avvalere di adeguate strumentazioni e impiegando solo complessi calcoli matematici, egli ideò una meridiana che venne definita “perfettissima” per la sua precisione.
Nella meridiana del Duomo di Messina si potevano leggere con assoluta precisione mesi e giorni, ore e minuti, segni zodiacali, movimenti solari, solstizi ed equinozi, il tutto intagliato in marmi bianchi e colorati disposti sul pavimento della cattedrale, a sua volta realizzato da Giovannangelo Montorsoli.
Una meraviglia della tecnica e dell’arte che rappresentava in un solo oggetto tutte le effemeridi del sole, prevedeva gli aggiustamenti necessari per gli anni bisestili e veniva utilizzata per il calcolo della longitudine in mare.
Questo prodigio della scienza venne danneggiato nel terremoto del 1908 e infine seppellito sotto l’attuale pavimento del Duomo dopo il bombardamento angloamericano sulla città.
Nonostante la sua vita e la sua opera, Jaci morirà a Messina in una compassionevole situazione di miseria. I suoi resti, sepolti nella Chiesa di Santa Maria di Porto Salvo, furono probabilmente trascinati alla deriva dalle acque che invasero la Chiesa durante un temporale del 1855.
Forse la natura non tollera che troppo a fondo si svelino i propri segreti.
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