Col termine Sans-Papier si definisce oggi il migrante privo di documenti, costretto a lasciare la propria terra, sperduto in viaggio per il vasto mondo e rifiutato dalle comunità dove giunge, che lo costringono a diventare clandestino e perfino criminale.
Questa situazione di vita marginale non è appannaggio degli ultimi anni, ma esiste da sempre e fu particolarmente evidente, nei secoli passati, in grandi città e porti di mare come quelli siciliani.
Stranieri, reietti, guitti, eretici, rinnegati, mendicanti, fuori-casta, zingari, viandanti, giostrai, pellegrini, nomadi e vagabondi costituivano un mondo di emarginati che viveva alla giornata nel sottobosco delle grandi città.
Di ebrei, greci e musulmani la Sicilia era sempre stata piena, tanto che cristiani e normanni guardavano spesso con disprezzo la popolazione “levantina” di molti centri. I traffici commerciali e navali intensissimi portavano in questi porti agenti e mercanti di Genova, Pisa, Lucca, Firenze, Amalfi, Venezia, Africa, Arabia, Levante, Francia, Turchia, Spagna e Inghilterra. Pellegrinaggi e crociate vi facevano convergere cadetti, avventurieri, fedeli e predicatori diretti in Terra Santa.
Le fiere, i porti franchi, le logge mercantili erano punto di incontro di grandi agenzie di commercio ma anche di piccoli ambulanti, artigiani itineranti, calderai, venditori di cianfrusaglie, cialtroni, ciarlatani, mavari e santoni.
Le confraternite religiose si occupavano di poveri, stranieri nullatenenti, mendicanti, ammalati e pellegrini, mentre rifugiati, disertori, pirati e contrabbandieri si nascondevano lungo le coste.
L’usanza dell’epoca era quella di “inventare” il proprio cognome, utilizzando il patronimico, il paese d’origine o il mestiere. Per questo motivo gli esiliati, i ricercati e tutti coloro che erano giunti in una nuova città per sottrarsi alle ingiustizie, alla legge o alle prepotenze, potevano a comando cambiare le proprie generalità e sfuggire a qualsiasi ricerca tra gli arsenali, i bassifondi e i moli.
Senza un controllo anagrafico reale, la Sicilia era punto di transito e di vita di tanti irregolari e “clandestini”, tanto che essa possedette, secondo gli storici, una “società indefinita fino all’ambiguità”.
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