The cabin in the woods – Quella casa nel bosco

Di cosa si tratta

The cabin in the woods (in italiano Quella casa nel bosco) è un film americano del 2011 firmato da Drew Goddard e Joss Whedon nei ruoli rispettivamente di sceneggiatori, regista e produttore. Si tratta di una parodia/satira sul genere horror/slasher, completamente incentrata su citazioni e cliché del genere, ma con un taglio surreale e qualche scena trucida e splatter. 

Cosa succede

Cinque universitari della provincia americana (l’atleta belloccio, la bionda svampita, la ragazza timida e intelligente, l’intellettuale e il buffone fumato) vanno a passare il weekend in un capanno nel bosco. Ben presto, risveglieranno l’orrore nascosto nei boschi, che calerà su di loro massacrandoli uno per uno.

Sembra la trama di altri 1000 film americani d’orrore? 

E infatti lo è

Il film è per intero una parodia/quintessenza (attenzione però: non è demenziale!) dei film di genere e in particolare di quelli basati sul concetto di “ragazzi che vanno nel capanno e vengono fatti a pezzi“. Partendo dal fatto che ci sono ormai centiniaia di film così, gli autori sembrano volersi chiedere il PERCHE’ esistano questi film tutti uguali.

E’ presto detto: fin dall’alba dell’umanità una organizzazione di tecnici gestita forse da angeliche “alte sfere” deve sacrificare a malvagi Dei Esterni alcuni ragazzi, secondo un canovaccio sempre uguale, in cui l’unica cosa che può variare è il tipo di mostri che fa a pezzi i ragazzi protagonisti.

La misteriosa cantina piena di maledizioni da attivare…

Insistendo su tutti i cliché del genere, così voluti dagli Dei stessi e dalle Alte Sfere, questo immenso team di tecnici controlla che i giovani protagonisti del massacro di turno si calino dei ruoli (per esempio la bionda svampita non è nè bionda, né svampita ma è tutta colpa della tintura per capelli drogata che l’organizzazione le ha fatto utilizzare), che vadano nel posto giusto (il solito capanno nel bosco) e che l’intero scenario sia adeguato al loro “sacrificio”, tramite ologrammi, nebbia finta e altri trucchi di scena.

Questo sacrificio sceneggiato deve essere svolto periodicamente, altrimenti gli Dei del male si risveglieranno e distruggeranno l’umanità. La creazione di queste trame horror sempre uguali riguarda sia l’America (con i suoi cliché cinematografici già detti) che il Giappone (con i suoi film horror di bambine assassine mostrati in qualche breve sequenza) che perfino le storie di orrore nord-europee (un accenno al nuovo filone dei film “di Stoccolma”?). Questa volta però sia Stoccolma che il Giappone falliscono e l’unica speranza per la salvezza dell’umanità rimane nel massacro dei cinque ragazzi americani, che dovranno ancora una volta venire uccisi col solito copione.

Se i meccanismi e i luoghi comuni del “massacro” sono sempre uguali, la causa della morte è invece del tutto aleatoria. Ogni volta che i classici cinque giovani vanno nella classica casa del bosco, possono infatti attivare casualmente una o più delle infinite maledizioni tipiche dei film dell’orrore: lupi mannari, zombie, armate delle tenebre, pazzi con la motosega, spettri vendicativi, famiglie di cannibali e così via, con tanto di scommesse effettuate dallo staff dei tecnici su quale sarà di volta in volta il mostro “rilasciato”.

Quale sarà il mostro, questa volta? Streghe sexy? serpentoni? pagliacci? Poco importa… la storia sarà comunque sempre uguale!

Questa volta però le cose nella sceneggiatura vanno storte e il “buffone fumato” si salva, facendo saltare tutta la trama, riuscendo a fuggire con la “ragazza timida e intelligente” fin dentro le stanze dei tecnici e rilasciando tutti i mostri dei film horror contro lo staff che glieli aveva mandati contro.

Nel massacro finale che ne deriva, le sale dei “tecnici” vengono invase da ogni sorta di mostro da film trash americano: da zombie a vampiri, serpentoni giganti e fantasmi, killer di ogni genere, incubi di ogni forma (e perfino un unicorno) in una esplosione di furia e sangue. Alla fine, i ragazzi superstiti decidono di non sacrificarsi per la salvezza dell’umanità e gli Dei del male risorgono distruggendo ogni cosa.

Forse è proprio il momento, come lasciano intendere gli stessi protagonisti, che la storia della casa nel bosco finisca e nasca un nuovo cinema dell’orrore…

Ricapitolando questa lunga e confusa sinossi, il film parla di film horror: i capi-tecnici adombrano chiaramente Joss Whedon e Drew Goddard, la “produzione” che manda avanti “la casa nei boschi” rappresenta nient’altro che l’industria cinematografica di Hollywood, assoggettata alle proprie terrificanti “alte sfere” (i produttori e le major cinematografiche) e gli Dei del Male che vogliono il sacrificio periodico di giovani personaggi per sedare la propria sete di sangue siamo noi, il pubblico dei film horror, che dobbiamo essere nutriti continuamente da film sempre uguali, pieni di luoghi comuni, banali, ripetitivi, basati sempre sugli stessi meccanismi, per godere catarticamente e cupamente del continuo massacro di innocenti.

Ecco i soliti 5 ragazzi del solito film horror: l’atleta, la “bionda”, la verginella, l’intellettuale e il buffone

Grezzezza

Può essere considerato tamarro un film del genere? In parte certamente sì, specialmente nella sua impostazione generale. Si avverte ovunque il tocco geniale di Jess Whedon, creatore di numerosi capolavori in passato e dell’ultimo spettacolare Avengers Assemble. Le scene finali di massacri sono abbastanza grezze e sono una gioia per gli occhi.

Menzione speciale per “il profeta”, il vecchio (inquietante e schifoso) gestore della pompa di benzina, che minaccia i protagonisti prima che questi arrivino al capanno e non fa altro che sputare tabacco. Anche lui figurante tipico delle tipiche storie horror. Molto greve.

Nerdismo

La percentuale di nerdismo di questo film è astronomica. Whedon e Goddard realizzano uno dei film nerd definitivi e la pellicola è un uragano di citazioni e rimandi. La sua stessa struttura è un omaggio all’intero genere horror americano, generando un vero e proprio “gioco” della caccia alla citazione che tutti gli spettatori sono implicitamente invitati a fare.

Gli ammiccamenti sono talmente tanti che non ha senso neppure citarli, specie nella parte finale, quando tutti i mostri inscatolati dentro le gabbie schizzano fuori per fare a brandelli i tecnici: scene da vedere e rivedere per seguire con attenzione ogni singolo “massacro”. Nerd-pocalypse-alooza!

Uno dei mostri della “produzione”, che viene evocato tramite una misteriosa sfera rotante costruita da un giocattolaio rinascimentale. Chi potrebbe mai ricordare?

Figaggine

Quella casa nel bosco non è certo un film intellettuale, eppure i suoi diversi livelli di lettura (che fanno tanto figo) ce li ha. E’ un film horror che parla neanche troppo velatamente dei film horror, dei meccanismi del genere, della loro infinita ripetitività attorno ad un nucleo sempre uguale. Ed è l’indagine su cosa sia quel nucleo che può generare una discussione fighetta come piace a noi: cos’è l’orrore? perché noi spettatori, come “dei del male” vogliamo vedere rgazzi di college morti ammazzati infinite volte in infiniti modi sempre uguali?

Il film svela e rende evidente qual’è la ricetta dell’orrore, su cui si imbastiscono i truculenti piatti degli slasher movie, ma lascia aperta la domanda: quale fame questa ricetta deve saziare?

Rubando da un’altra recensione più intelligente di questa: “Ma perché amiamo tanto l’horror? Quale meccanismo perverso si innesca nella nostra mente quando entriamo in una sala cinematografica per assistere ad un film dell’orrore? Perchè le vittime degli horror moderni sono quasi sempre dei giovani innocenti, fisicamente prestanti che vogliono solo divertirsi e godersi la vita? Perchè lo spettatore non riesce mai ad affezionarsi a loro ma si identifica sempre più spesso nel loro torturatore o nel loro assassino?

(…)

Quella casa nel bosco è soprattutto un urlo di dolore e di ribellione dei suoi autori contro il sistema, contro le regole, contro l’appiattimento del mercato, contro il conformismo, contro la classificazione dei film in generi; un’opera coraggiosa e stimolante che accompagna lo spettatore in un’esperienza visiva ed emotiva davvero unica, deliziandolo con gustosi siparietti e momenti cult che entreranno per direttissima nella storia del cinema.

Ciò detto, non c’è molto altro da aggiungere per la sezione figaggine…

La Chicca

Il metacinema di Whedon diventa meta-meta cinema nella scena del tritone: uno dei capo-tecnici dichiara più volte durante il film che vorrebbe una volta o l’altra vedere in azione il tritone, uno dei mostri della “produzione” che non è mai stato utilizzato, parodia di una qualsiasi mostro della laguna nera.

Nelle scene della strage finale, il tritone arrancherà proprio verso di lui, finendolo in uno sbuffo di sangue. Vedendolo arrivare, la vittima cinica e smaliziata riconoscerà in questo finale una semplicissima trovata di sceneggiatura ed esclamerà spazientito per la banalità della sua fine: “Oh! ma per favore!”

Il metacinema che prende in giro se stesso!

Il terribile tritone avanza verso la sua vittima. Il capotecnico lo chiudiamo così…

La Fesseria

Non pervenuta.

Giudizio complessivo

Quella casa nel bosco è un capolavoro. Joss Whedon è un maestro assoluto e nessuno che ami i film di genere (ma anche i film in quanto tali) può permettersi di mancare di vedere questo nuovo caposaldo della cinematografia.

Estrema sintesi, quintessenza e superamento di un secolo di film, questa pellicola è il cinema stesso che si supera, si doppia e fa il periplo di se stesso.

La quarta parete è bella che andata…


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Mauro Longo
Mauro Longo
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