Su La Tela Nera un altro mio articolo sulla Peste Nera del Trecento. Questa volta il tema sono le cronache visionarie e gli eventi misteriosi collegati alla peste: demoni in forma di cani, fiamme che scaturiscono dalla terra e vermi caduti dal cielo grandi come pugni.
“Affinché questi notabili eventi non siano dimenticati con il tempo e non siano perduti alla memoria delle future generazioni, vedendo questi molti infermi e che l’intero mondo è circondato dal male, aspettando in mezzo ai morti la morte che arriva, ho deciso di scrivere quello che io stesso ho sentito e potuto esaminare; e allo stesso modo, affinché gli scritti non periscano con il loro scrivente o l’opera scompaia con l’autore, io lascio questa pergamena perché il lavoro venga continuato, nel caso che qualcuno possa essere vivo nel futuro e un qualche figlio di Adamo possa scampare alla pestilenza e continuare il lavoro cominciato…“
Con questa tragica descrizione della morte di tutti i suoi confratelli, in un monastero vuoto, desolato e sperduto e avvertendo già su di sé i segni della propria dipartita, il monaco irlandese John Clyn ci dà un’immagine fortissima del sentire comune durante la diffusione della Peste Nera: tutti muoiono o sono morti, la terra intera pare ormai avvinghiata nella morsa del male, ogni opera dell’uomo è abbandonata al declino e forse, ma solo forse, esiste la speranza che qualche figlio di Adamo possa sopravvivere e rigenerare l’umanità.
In questo opprimente senso di decadimento, le “mirabilia della peste” si diffondono e vengono registrate dai superstiti o dai sapienti del tempo, con una diffusione e un radicamento talmente elevati da causare un continuo reiterarsi e amplificarsi di regione in regione e per i decenni a venire.