Repubblica Fiorentina, 1348. Arrigo, detto Corvaccio, è accerchiato dai Morti in una casupola tra le campagne di Certaldo. Riuscirà a fuggire e a mettersi in salvo dal Flagello che si è abbattuto sui regni degli uomini? Un racconto interattivo ambientato nel mondo del Decameron dei Morti.
Come detto qualche post fa, The Incipit è il bellissimo sito italiano dove poter postare delle storie a bivi che tutti possono leggere e votare, scegliendo di volta in volta il paragrafo con cui la storia continua… Una sorta di “Scegli la tua avventura” che però poi alla fine genera un racconto univoco e non uno ramificato. Ed ecco allora che ho deciso di aprire le vicende e l’ambientazione del mio Decameron dei Morti a nuovi sviluppi, ideando un racconto interattivo che tutti quelli interessati possono scrivere con me.
Il racconto si chiama Ricordati che devi risorgere ed è appena uscito il decimo e ultimo episodio: Et come tu averai lavorato, cosi bene sarai ripagato. Se avete seguito la storia, se la vicenda vi interessa, se l’esperimento di narrativa condivisa vi incuriosisce, correte a leggere e commentare la conclusione di questo racconto-game!
Ricordati che devi risorgere – Episodio finale
Et come tu averai lavorato, cosi bene sarai ripagato
(…)
Fu in quel momento che nel cerchio di luce ov’ero ricaduto mi apparve il volto deturpato della Vedova, con i lunghi capelli insozzati di lerciume e sangue, gli occhi gonfi e fissi, il volto pallido e cadente come quando era strisciata fuori dal pozzo. Era quello il cadavere rianimato di Donata, di nero vestito e pervaso di immonda e matta bestialità. Mi balzò addosso e prese ad assalirmi al viso, per mordermi e straziarmi, con una forza e una ferocia tali che mai io avevo sperimentato neanche di tra i Morti più furiosi.
Accorsero allora i miei compagni e insieme riuscimmo a tener lontana quella nera morta con ferro e fuoco, sicché finalmente potei rialzarmi e scrutar nelle tenebre quell’infido che ci aveva condotti in quel luogo.
“Ma cosa vi ho fatto dunque,” gli chiesi allora, parlando verso il buio da dove intuivo arrivasse la sua voce, “per averne in cambio tanto odio?”
Ed elli a me: “Perché questa Vedova Nera vedova non era, malnato! Io sono Gherardo, il suo marito! Mi avete rubato moglie e dimora, avete dormito nel mio letto e mangiato il mio cibo per mesi e non vi siete curati di che fine potessi avere fatto, mentre io ero costretto lontano a fuggir via e viver come bestia. E quando son tornato, vi ho trovati ad amoreggiare e compier peccato contro me e contro Dio. Mai ho lasciata un’onta irrisolta, dacché sono nato. Avete da morire nella peggior maniera!”
“Non è destino!” disse allora Artisia e con gran foga scagliò la sua lanterna verso il fondo della grotta, da dove sentivamo provenire quella voce dissennata. La lampada cadde proprio ai piedi del villano e l’olio acceso gli attaccò ai calzoni, facendolo strillare.
Attirata da quel gridare e dalla luce, poiché noi in tre la tenevam lontano dalle stesse nostre carni, quella bestia matta e urlante che fu Donata si volse al suo marito e in tre balzi si lanciò sopra di lui, più facile preda. Urla e grugniti ne vennero e suoni di battaglia, mentre noi fuggivamo nella prima aurora e non più ci curavamo di cosa avvenisse in quell’oscuro anfratto.
* * *
Ed è così, Messeri, che si conclude la mia storia fino ad oggi. Seguii Artisia e Orlando nella loro cerca e giunsi poi con essi al vostro fortilizio, in questa Firenze che le vostre bande grigie così abilmente hanno riconquistato e custodiscono. Dopo tanto penare, la mia vicenda può dirsi conclusa e io mi rimetto al vostro giudizio, nel chiedere di far parte di codesta brigata. E ancor di più, di poter servire Firenze e i suoi viventi, sotto il vostro accorto e illuminato principe, Messer Filippo Machiavelli.
Possa la Provvidenza e la Benevolenza di Domineddio vegliare su di noi tutti, preservarci dai Morti e dagli uomini impazziti e riservarci ben altra risurrezione, quando nostra ora sarà giunta. E mai non prima.
Amen