Recensione di Storia delle terre e dei luoghi leggendari di Umberto Eco, realizzata per i Quaderni del Dottorato dell’Università di Messina.
Diceva J. L. Borges “Che altri si vantino delle pagine che hanno scritto, io sono orgoglioso di quelle che ho letto” (Poesie 1923 – 1976, traduzione di Livio Bacchi Wilcock, Rizzoli).
Il professor Eco deve essere stato di sicuro consapevole di questa interessante posizione dell’erudito e letterato argentino, e deve aver deciso di farla senz’altro propria, per lo meno nella realizzazione di quella bella opera editoriale che risponde al nome di Storia delle terre e dei luoghi leggendari, Bompiani 2013.
E questo perché, nonostante le non comuni e risapute capacità di analisi e sintesi dell’autore, questo speciale “atlante dell’immaginario” da lui compilato appare – appunto – come una compilazione quasi solamente divulgativa di fonti e illustrazioni altrui, piuttosto che una rielaborazione propria dei temi e dei topoi trattati.
Sia ben chiaro che il libro in oggetto ha un valore documentario e divulgativo innegabile, oltre che una ragguardevole “presenza scenica”. Si tratta infatti di un bel volume a colori di quasi cinquecento pagine, con copertina rigida e sovraccoperta, letteralmente straripante di pregiate illustrazioni, mappe antiche e immagini di tutte le epoche. Oltre alla grande abbondanza di figure e alla buona estetica generale, il tomo vanta numerosissimi brani e citazioni, provenienti da trenta secoli di narrativa, poetica e saggistica dell’immaginario, e suddivisi in base ai temi trattati all’interno dei diversi capitoli di cui l’opera si compone.
Scendendo nel dettaglio dei capitoli, di tutte le innumerevoli isole misteriose e terre incognite dell’immaginario collettivo dell’umanità, Eco decide di raccontarci del finto mito della terra piatta e dei misteriosi Antipodi (capitolo 1); di tutti i luoghi astorici e pseudostorici della Bibbia (capitolo 2) e di quelli della classicità e del mondo antico (capitolo 3), comprese le sette meraviglie del mondo; dei luoghi favolosi dell’Asia, compresi quelli raccontati nel romanzo di Alessandro e nel “carteggio” del Prete Gianni; delle Isole dei Beati e degli altri paradisi e luoghi di eterna giovinezza dell’occidente (capitolo 5); delle grandi terre perdute e continenti sommersi del mito e dell’immaginario contemporaneo, come Atlantide, Mu, Iperborea, Lemuria e Thule (capitoli 6 e 7); delle wasteland e di altri luoghi perigliosi in cui si ambientano le vicende pluristratificate della Cerca del Graal (capitolo 8), dei templari “occulti” (capitolo 14) e della setta degli hashishin di Alamut (capitolo 9); delle amene contrade italiche e centroeuropee di Cuccagna e Bengodi (capitolo 10); dell’isola di Utopia e di altri luoghi ipotetici propri della disquisizione politica e filosofica moderna (capitolo 11); delle grandi mitografie ciarlatane della Terra Australe, delle lande perdute al centro della Terra e dell’Agarthi (capitoli 12 e 13); e, infine, dei luoghi quasi-esistenti resi celebri dalla narrativa più o meno moderna (capitolo 15).
Il tono generale dell’opera, come si vede facilmente dal criterio di ripartizione dei capitoli, distingue per prima cosa i luoghi da raccontare, per poi dedicarsi nell’esposizione all’utilizzo creativo di qualsiasi genere di fonte iconografica o testuale, con stile ammiccante e divulgativo, volutamente accattivante. Come ben ci aspettiamo dal multiforme ingegno di Umberto Eco, durante la trattazione si passa facilmente da Platone a Rabano Mauro, da Sandokan ai fumetti, dai viaggi di Gulliver a quelli di Ulisse e così via.
Eppure, si sente la mancanza di un maggiore approfondimento da parte dell’autore su quegli stessi temi, che vengono invece esposti sommariamente all’inizio di ogni capitolo, per poi lasciare spazio solamente alle fonti testuali e alle splendide immagini. La filosofia, la mistica e il simbolismo che “le terre e i luoghi leggendari” del titolo rappresentano e a cui spesso alludono, non sono trattate con attenzione. Anzi, l’intero testo ha l’aspetto di una rutilante rassegna di temi e miti, una giostra accattivante di carte nautiche, mappe del globo, affreschi medievali e pitture preraffaellite, messa insieme sapientemente più per incuriosire il lettore causale che per appassionare lo specialista o l’amatore della materia trattata.
Insomma, mancherebbe proprio la “Storia” del titolo, assieme a considerazioni più dettagliate e interessanti di quelle meramente espositive e introduttive che si riserva Eco in questo volume, e di cui lo sappiamo capace.
In conclusione, un buon libro per il lettore forte interessato al fantastico e alle curiosità del mito, delle leggende e della narrativa (ma poco addentro all’argomento), e per l’appassionato e lo studioso a cui potrebbe servire un “atlante generale” dei luoghi trattati, corredata da ottime immagini e nutrita documentazione testuale, da cui partire per ben altre esplorazioni sul campo, indagini e approfondimenti.
Per tutti gli altri, rimane il rimpianto di un’opera che non arriva mai a centrare l’obiettivo, in cui purtroppo, delle terre e dei luoghi leggendari del titolo non rimane, appunto, che un po’ di Eco…