Ilovezombie (I love zombie) recensisce in maniera più che entusiasta il Decameron dei Morti! Grazie a Joe Vanni e a tutto lo staff del sito!
Non si può negare che recensioni e feedback positivi facciano bene all’ego di ogni autore.
Io, che sono un pavone, non mi sottraggo al gioco e sono pronto ad ammettere che presentazioni come quella di Ilovezombie mi risolvano, se non la giornata, per lo meno un paio d’ore.
Grazie a Joe Vanni e al resto della redazione!
Ilovezombie – Recensione del Decameron dei Morti
Voler fare la recensione ad un capolavoro, e questo libro lo è, implica la valutazione dell’impegno, la maestria, lo studio del periodo storico e la documentazione necessaria che lo scrittore del Decameron dei Morti ha dovuto affrontare.
Chiaramente l’impegno filologico, linguistico ed enciclopedico è stato immane, per cui trovare i giusti termini per lodare ed esaltare l’abilità e la preparazione del narratore non è facile, in quanto qualsiasi sintesi sarebbe riduttiva. Per gustare la proprietà di linguaggio, la perfezione sintattica e stilistica di quest’opera è necessario leggerla lentamente, assaporandone i vocaboli ormai trapassati.
E diciamolo pure che non bastano pochi giorni per arrivare al capolinea, che quella lingua non è agevole seppur scorrevole, ma il godimento e l’estasi della lettura risiedono proprio in questo: il volgare del trecento. Una lingua che cominciava a essere attestata per iscritto grazie a San Francesco d’Assisi, alla Scuola poetica siciliana e in prosieguo di tempo grazie a Dante, Boccaccio, Petrarca.
L’autore del Decameron dei Morti ha voluto riesumare, ridare vita e nuova linfa a quella lingua, che è sempre la nostra anche se con qualche secolo di vecchiaia, introducendo una variante storica alle cause di diffusione della Peste Nera, la pandemia che caratterizzò la storia e devastò l’Europa, l’Asia e l’Oriente dal 1348 al 1353. L’epidemia causò morte, carestie e devastazioni varie, dando vita o togliendola, a numerosi presunti colpevoli. Che fossero streghe o ebrei rei di aver ucciso il Cristo, che fosse una punizione divina per quel deicidio, che fossero topi, roditori o altri tipi di bestie e demoni, veicolanti le pulci col bacillo della peste, che attaccarono e infettarono uomini e santi, poco importa. Perché i morti tornarono a vivere, decimando il creato.
Per gli amanti della letteratura zombie questo libro rappresenta un’innovazione epocale: una rilettura storica in chiave appestata, “afflitta”, quasi documentata di un evento pandemico realmente avvenuto e nello stesso tempo una rivisitazione umoristica, temeraria, simile nella storia ma mai pedissequa, di un libro noioso (l’originale) che spesso nella sua lettura ha il peso e la leggiadria di un’incudine. Il merito di Mauro Longo sta appunto anche in questa magia: aver trasformato un’opera famosa ma illeggibile ai nostri giorni in un capolavoro fluido e perfetto, sorprendente per spunti, stile, simpatia, avvolto sempre da un alone beffardo e superiore di chi sa che la storia è sempre frutto del resoconto ignorante degli uomini, in quelle circostanze e in quei momenti.
Considerando la struttura narrativa, la ricchezza del lessico pieno di vocaboli desueti e inusuali, a volte perfino prestiti di altre lingue romanze dell’epoca, la perfezione sintattica dei costrutti, il giudizio che caratterizza opera e scrittore è superiore. Una superiorità non relativa ma assoluta.