La porta dei mondi – sesto volumetto della serie EL di Uno sguardo nel buio: Introduzione all’avventura fantastica! La mia recensione su Librogame’s Land!
Tempo fa, in un sondaggio su Librogame’s Land, affermai che “La porta dei mondi” era il più bel titolo che si potesse dare a un librogame o modulo di avventura per gioco di ruolo. Dopotutto, non sono questi libriccini, questi scenari, delle vere e proprie porte sui mondi della più sfrenata e divertente fantasia?
Le mie recensioni e i miei articoli su Uno sguardo nel buio, sia qui che su Librogame’s Land o altre riviste e fanzine, sono numerosissime. Oggi finalmente riesco a colmare l’ultima lacuna dell’enciclopedia delle recensioni su LGL con un articolo credo molto dettagliato su questa avventura.
Credo che molti di voi che leggete l’abbiate amata, proprio come me.
La porta dei mondi
La porta dei mondi è l’ultima avventura tradotta in Italia per Uno sguardo nel buio: Introduzione all’avventura fantastica, il regolamento base della prima edizione di questo splendido gioco di ruolo tedesco, recentemente approdato a una 5a edizione (e… udite udite, forse prossimo a una ritraduzione italiana). Dopo di quello uscirono il manuale per il gioco avanzato, ovvero il “Perfezionamento dell’avventura fantastica”, e due ulteriori moduli avventura per questa variante più complessa ma, per i “libriccini” in formato librogame, l’avventura termina proprio con La porta dei mondi. Ad essere pignoli, è l’ottava avventura italiana, considerando anche le due presenti nei manuali base, e ancora più pignolamente è la sesta avventura di gruppo, togliendo le due in solitario della serie.
La versione originale, Durch das Tor der Welten (“Attraverso la Porta dei Mondi”), è del 1984, l’avventura B8 della classificazione ufficiale. In lingua originale le pubblicazioni di questa serie (“B” come Basic) proseguirono poi con altri moduli, mai tradotti in Italia.
Tra tutte le avventure della serie italiana, è quella destinata al gruppo di giocatori più esperti: 4-7 Personaggi di Livello 3/8: un range abbastanza folle, visto che 4 personaggi di Livello 3 sono un manipolo di avventurieri navigati mentre 7 personaggi di Livello 8 una specie di squadrone della morte…
Questo scenario ha inoltre altri primati: è la prima volta che temi fantascientifici vengono introdotti in Uno sguardo nel buio (ma sappiamo che questa è una componente diffusa nel fantasy degli anni ‘70 e ‘80) ed è la prima volta che si varcano i Translator (degli “stargate” creati da una razza aliena) e si esplora un altro pianeta.
Durante l’avventura infatti gli eroi trovano per caso uno di questi portali astrali e vagano per un po’ su un altro mondo, Ras Tabor, in cerca di un’altra porta che li faccia tornare indietro sul proprio. In seguito, tuttavia, l’avventura venne “retromodificata” spiegando che la porta dei mondi è in realtà un semplice portale di teletrasporto che conduce “solo” su un altro continente, Myranor, simile a tanti altri cancelli magici analoghi utilizzati spesso in avventure successive.
La trama dell’avventura è divisa in tre parti.
– Nella prima, gli eroi devono esplorare un monastero del deserto di Khomù e finiscono obbligatoriamente catturati dai cultisti del santuario e gettati nelle fauci di una statua da loro adorata.
– Nella seconda parte, la più bella e originale, gli eroi scoprono di essere vivi ma in un luogo del tutto sconosciuto e alieno, in particolare in cima ad un albero colossale dal quale dovranno discendere. L’intera seconda sezione dell’avventura è basata sull’esplorazione di questo “dungeon” così particolare, da percorrere in verticale per circa mezzo chilometro, discendendo di ramo in ramo e cercando di capire cosa è successo e come raggiungere il suolo. Gli incontri, numerosi e intriganti, hanno la particolarità di risultare spiazzanti anche per eroi esperti (quelli a cui si rivolge il modulo), visto che piante e animali di Ras Tabor sono sconosciuti anche al più saggio degli avventurieri.
– Infine, gli eroi dovranno viaggiare nel territorio attorno l’immane foresta dove sono apparsi, per cercare una nuova “porta dei mondi” e tornare a casa. In questo caso, si esplora una porzione di Ras Tabor suddivisa in esagoni dal lato di 300 metri, con regole apposite per perlustrarla alla ricerca della “stazione trasmittente”. Questa terza parte è nuovamente “aperta” e il libro consiglia ai Narratori di espanderla lasciando ai giocatori un’esplorazione più libera e meno guidata possibile.
Completano il libro i soliti apparati di mostri aggiuntivi (tutti animali e piante aliene), 20 personaggi pregenerati di Livello 1-5 (compreso l’indimenticabile avventuriero di Livello 1 “Anselmo”), kit di equipaggiamento standard e un nutrito gruppo di mappe, di qualità “standard” per la collana… ovvero oggi abbastanza improponibile.
A parte la bella sezione centrale, l’avventura non è esente da difetti: per prima cosa la prima parte è assolutamente vincolata a binari fissi e inizia troppo in media res. Gli eroi capitano in un posto, lo esplorano un po’, poi vengono per forza di cose catturati e gettati nella bocca di una statua: un railroad forzato che farebbe oggi arricciare il naso a qualsiasi giocatore.
Un altro difetto, perlomeno ai miei occhi, è quello del viaggio extraplanetario e della razza aliena tecnologicamente avanzata che costruisce porte Translator tra i mondi. Non ho trovato appropriato questo genere di contaminazione né l’espediente dei viaggi tra i pianeti (o tantomeno il fatto che si costruiscano portali interplanetari di ingresso e di uscita in luoghi diversi, uno dei quali è un buco su un albero a 500 metri dal suolo… ma che senso ha?). Se vivo già avventure in un mondo fantastico, perché devo saltare in un mondo fantastico vicino per viverne altre? Inoltre, viaggi planari e science fantasy hanno senso se attorno a questi presupposti si costruiscono intere ambientazioni coerenti, dove tutte le avventure sono in qualche modo connesse con tali elementi narrativi. Mettere alieni e stargate in un setting fantasy fiabesco come quello di Uno sguardo nel buio mi pare del tutto fuori luogo. Questa tuttavia è un’opinione strettamente personale e non lascerò che influisca sul voto.
Longevità: 7. Un’avventura invecchiata un po’ male che tuttavia, se ben riadattata, permette di ritrovarsi tra le mani una piccola e simpatica campagna. Consiglio senz’altro di adattare la sezione iniziale e quella finale, rendendole molto più fluide e strutturate. All’esplorazione della piramide aliena finale, ad esempio, si potrebbero dedicare anche 2-3 sessioni consecutive, mentre il libro risolve questa parte in un semplice paragrafo tirato via frettolosamente. Con simili accorgimenti, il punteggio di longevità potrebbe aumentare di due punti.
Difficoltà: 7. Avventura adattabile e gestibile, ottima soprattutto se giocata come una minicampagna lunga e senza corse, dando il tempo ai giocatori di vivere con calma tutte le situazioni delle tre sezioni, espandendole quanto necessario. Da verificare soprattutto il Livello e il numero dei componenti del party degli eroi.
Giocabilità 8. A mio avviso, la parte sull’albero è un piccolo capolavoro di originalità e trovate, che voglio premiare con un voto alto anche in presenza delle altre due sezioni meno ispirate (ma comunque, se risistemate un attimo, quasi altrettanto interessanti).
La Chicca: gli accenni agli elementi fantascientifici sono un po’ delle chicche di science fantasy del tutto démodé: “un sistema di trasporto inteplanetario di una ultraciviltà stellare, i Megareni”, “una superspecie stellare”. Anche gli animali di Ras Tabor si meritano una menzione… indimenticabili i “Nutrioni Rosicanti”!
Totale: 7,5. Non certo il più bel titolo della collana, ma neanche il peggiore, con alcuni elementi molto originali e le potenzialità per migliorare molto nelle mani di un buon Narratore. In definitiva, un’avventura interessante e divertente per molti aspetti. Dopotutto consiglierei ancora di giocarla, magari trasformando i portali ultrastellari dei Megareni in più appropriati teletrasporti magici da Aventuria a Myranor e limando i tanti difetti delle sezioni prima e terza.
Mah, io l’ho giocata (ero narratore) mi pare nel 1993. Mi fa quasi impressione scriverlo 1993…. a parte questo non è stata un’esperienza particolarmente divertente, il gruppo si era un po’ perso sul mondo sconosciuto… probabilmente colpa sia mia che loro, forse nella fredda luce del nord, che invece ricordo con piacere ci aveva abituati al railroad pesante, non so,,, ce l’ho ancora, mi fai venir voglia di riproporla, magari con la nuova versione del regolamento (che non ho).
Ehi, ma leggo di una possibile localizzazione italiana, fermi tutti, voglio saperne di più! 🙂
teniamo il segreto, per ora! NON si tratta comunque di GG Studio.
Se questa avventura e’ per personaggi di livello 3-8, perche’ gli avventurieri pregenerati dono di livello 1-5?
*sono di livello 1-5… non dono 🙁
vallo a capire…
Un altro segreto? 😉
Ciao Mauro,
come te mi sono formato con Uno Sguardo nel Buio. Ad essere sincero non amavo tantissimo il libri game, dei quali i miei amici erano invece seri (e severi) estimatori. Preso nel giro, tuttavia, mi capitò di passare alla libreria Rinascita di Modena, dove fui colpito da quel titolo un po’ particolare. Comprai, in maniera un po’ sprovveduta, “La locanda al cinghiale”, solo per rimanere del tutto disorientato quando compresi che i canoni non erano esattamente quelli dei libri gioco.
Per fortuna, sul fondo del libro c’era una nutrita schiera di personaggi pre-generati, che permise a me e alle mie amiche (sottolineo amiche, allora avevo 12 anni) di fare un test seduti su di una panchina, un tardo pomeriggio di un Giugno del 1988. Il regolamento, come sappiamo entrambi, di Uno Sguardo nel Buio era così semplice che senza averlo letto si riusciva a giocare quasi correttamente (sottolineo che per me questo è un grande pregio, non ho mai amato molto il “Perfezionamento all’avventura fantastica” che introduceva un sistema di Capacità). L’unico problema era capire quanti dadi lanciare per provare Attacco e Parata, i miei ricordi mi suggeriscono che usammo 3D6.
Quel primo test entusiasmò comunque tutti, ma rimaneva il fatto che il regolamento restava irreperibile, un oggetto misterioso quanto il nome del gioco stesso. Per caso, non so come, a volte esiste una cosa chiamata destino, me lo trovai stampato in faccia, in bella mostra, in una vetrina di un paese montano dove i miei mi avevano parcheggiato quell’estate. Lì, a Pavullo nel Frignano, nelle lente giornate estive, feci i miei primi passi nel mondo del gdr.
Di Uno Sguardo nel Buio ricordo la teutonica organizzazione, ancora insuperata. I paragrafi, divisi in modo da fornire le informazioni in un progressivo livello di dettaglio, dovrebbe fare ancora scuola. Altra cosa che conservo in pancia sono le meravigliose copertine dei manualetti, che permettevano di veleggiare alla mia fantasia. Ho posseduto tutto il materiale di Uno Sguardo nel Buio che poi ho smerciato, per passare a D&D.
Il cammino dei miei amici e il mio si è interrotto ai Sette Calici Fatati, dove riposano ancora le ossa del nostro primo gruppo di avventurieri con nomi oggi improponibili, ma per noi leggendari: Drago l’elfo, Mai Vero (nome pescato a caso dall’elenco telefonico) l’avventuriero, Tom il nano col raffreddore (che non trovava mai nulla col suo fine olfatto…eheheh).
A mio parere, nemmeno D&D ci avrebbe preparato in un salto nel fantastico così moderato e assistito, per questo rimane il gioco modello della mia pre-adolescenza, assieme a Kata Kumbas, se vogliamo dirla tutta.
Saluti,
Mattia.
Guarda, sottoscrivo esattamente le tue sensazioni: anche se in maniera contestualmente diversa, le ho provate quasi uguali anche io.
Ti rimprovero solo di averli venduti… questa cosa NON SI DEVE FARE.
Ti invito a ritrovarli in giro e a fare un tuffo nei ricordi… Con una cinquantina di euro dovresti farti tutti i volumetti! 😉
Ciao Mauro,
ti dirò, ogni tanto controllo eBay, ma i prezzi sono molto più alti di quelli che dici tu; il mercato del collezionismo è tremendo!
Per giustificarmi in parte, sappi che al tempo vendetti il tutto perché vigeva la regola dello “scegli uno dei due”.
Per comprare i manuali risparmiavo sulla merenda a scuola e quando c’erano i soldini acquistavo il manuale sul quale avevo fantasticato un mese.
Credo che anche per questo i giochi fossero meno “mordi e fuggi” e le tabelle d’esperieza molto più sfidanti.
Tutto era più lento: il passaggio dall’infazia all’adoloscenza, l’uscita dei film di Guerre Stellari, la comunicazione e sì, anche i giochi di ruolo.