Al Primo Convegno degli Autori Italiani di Giochi di Ruolo, a Lucca Comics & Games, ho parlato di Made in Italy e riconoscibilità italiana. Ecco l’estratto!
Il Convegno degli Autori Italiani di gdr è stato per tanti addetti ai lavori l’apertura ufficiale di Lucca Games, quest’anno proprio dedicata al Made in Italy: un incontro di oltre tre ore dedicato al game design e alla creazione di contenuti degli autori italiani di giochi di ruolo, ma anche alle tante esperienze e al portato di tanti autori e attori diversi di questa scena molto vivace.
Il programma è stato fittissimo di contributi e approfondimenti, e se non sbaglio presto sarà disponibile il video integrale dell’evento, realizzato da GDR UNPLUGGED.
Il mio contributo ai lavori è stato un talk di dieci minuti, di cui vi riporto qui sotto titolo, estratto e qualche considerazione!
Made in Italy, Shared Worldwide, secondo Mauro Longo
“Dai miti mediterranei agli splendori dell’impero romano, dai cantari medievali alle città rinascimentali, dallo spaghetti western al moderno Italian Crime: la riconoscibilità italiana del Made in Italy declinata nel gioco e nella narrativa. Tra questioni in sospeso e contrapposizioni di pensiero, alcuni esempi virtuosi di prodotti italiani all’estero che puntano a rimanere ben identificabili.”
Lo slogan che funge da titolo è rubato spudoratamente dalla mission di Achern Books, una delle case editrici con cui collaboro. Acheron Books è tutta composta da italiani e porta nelle librerie romanzi e racconti soprattutto di autori nostrani, con la missione ulteriore di esportare sul mercato internazionale i titoli più adatti.
Finora ha portato in inglese Imago Mortis, Black Tea, Liutenent Arkham, Demon Hunter Severian, Poison Fairies 1, Eternal War 1, SRDN e Ministry of Thunder, tutte opere che rappresentano splenda narrativa italiana di qualità e che sono fortemente caratterizzate come italiane: setting e personaggi sono quasi sempre riconoscibili come ITALIANI.
Che risultati ha portato questa strategia? Nelle parole del direttore editoriale, intervistato proprio per preparare il contributo, “L’ambientazione italiana comunque rileva un buon interesse generale, ad esempio abbiamo aperto rapporti di agenzia con gli Stati Uniti, la Germania, il Brasile e la Cina. Alcuni nostri libri hanno ricevuto ottime recensioni. In particolare, uno dei libri Acheron ha interessato un importante player che ha lavorato a produzioni come Expandables, Hellboy e Pirati dei Caraibi, che ne ha acquisito i diritti cinematografici e televisivi.”
Si tratta esattamente del punto di vista che condivido, in questo settore. Siamo italiani, dobbiamo sfruttare questo aspetto come vantaggio, come grimaldello per raggiungere più persone possibile, per distinguerci rispetto al mare magno delle produzioni di giochi a livello internazionale.
Anche molti dei giochi di ruolo che ho creato o a cui ho collaborato, e che sono lanciati o stanno per essere lanciati sul mercato internazionale, partono da un forte impianto di “riconoscibilità” proprio come prodotti made in italy o più genericamente europei. Parliamo di:
Ultima Forsan
Imago Mortis
Kata Kumbas
Lex Arcana
(non so se notate il latino dei titoli…)
Qual è la risposta del pubblico internazionale in questi casi? La riporto da un commento dei recensori di The Curators su Lex Arcana:
“Lex Arcana is not just ‘playing in Rome’, but it’s actually made by people in Italy, so if they don’t know what are talking about, I don’t know who does, right?“
Il passaggio logico è evidente. Ci sono storie e ambientazioni che possono essere più legittimate e interessanti se è un Italiano a portarle avanti: il Mediterraneo, il mondo romano, il medioevo nostrano, il Rinascimento, l’epoca delle Signorie, un certo tipo di storie criminali. Ricordiamo anche a questo proposito che Suburra, Gomorrah, Inspector Montalbano sono tra le serie italiane più conosciute all’estero. L’Italian Crime è l’unica fiction decente che riusciamo ad esportare per adesso, così come negli anni ’70 in qualche modo riuscivamo ad esportare il poliziottesco, un po’ di horror e neorealismo, Bud Spencer, Terence Hill e lo spaghetti western.
E queste sono tutte armi che un buon autore e un furbo marketing non possono non sfruttare per emergere nel grande oceano delle produzioni internazionali.
Anche tornando alla narrativa, il “made in Italy” è qualcosa che spesso si accompagna all’italianità di temi, scenari, personaggi e situazioni.
Su GoodReads i primi 10 libri italiani conosciuti e apprezzati fuori dal nostro paese sono:
6 libri di Elena Ferrante, della serie nata con l’amica geniale “Neapolitan Novels”
4 libri di Umberto Eco
1 Camilleri (Inspector Montalbano)
3 Niccolò Ammanniti
1 Tomasi di Lampedusa “The Leopard”
3 Italo Calvino
1 Buzzati
Capolavori a tutto tondo, certo, ma spesso e volentieri libri dove la componente geografica e storica italiana è fortemente presente.
Molti autori miei colleghi non sono d’accordo con questo approccio. Molti di essi, con cui mi confronto quotidianamente, ritengono di voler invece spiccare per i loro meriti più oggettivi, di essere “autori” senza volersi appiccicare addosso il tag “Italiano”. Non vogliono essere associati al made in italy, ma si presentano come creatori di opere che hanno valenza assoluta, tout cour, che potrebbero essere state scritte da qualunque altra persona (brava come loro) al mondo. E’ una posizione ovviamente più che legittima, anche se il mio consiglio invece, se non lo avete ancora capito, è esattamente l’opposto 😀 .
Trovate temi caratterizanti, marcate il vostro valore aggiunto di essere italiani per lo meno nei temi e nel setting, visto che non esiste una preminenza italiana nella tecnica letteraria o nel game design.
Un’ultima nota emersa durante il dibattito: sfruttare il grimaldello del proprio retaggio culturale DEVE essere una cosa affermativa, assertiva e propositiva, ma non dovrebbe mai portare alla procedura opposta, ovvero delegittimare chi scrive di temi e ambientazioni altrui, siano essi Italiani che scrivono ad esempio di Cina, che ad esempio Cinesi che vogliano scrivere di Italia.
I temi dell’appropriazione culturale sono delicati ma non possono essere un veto o un divieto a esplorare altri setting e altri personaggi, ci mancherebbe! Quindi scrivere made in italy essendo italiani è una marcia in più, mentre qualsiasi altra combinazione rimane tuttavia validissima e legittima.
Fin qui il tema del mio contributo. Se l’argomento vi interessa, lasciate pure le vostre considerazioni nei commenti!