Su Folklore, l’ultima antologia pubblicata da Watson Edizioni, anche il mio racconto Lupi Ominari e Donne di Foresta, dedicato alla Sicilia!
“Li chiamavano Trìolo, Malanova e Scontentezza, sempre assieme a fare danni, sempre presagio di guai. Erano tre malacarne di strada e di coltello, figli bastardi di vite reiette, che da anni si erano presi a frequentare con ardore delinquenziale, gettandosi insieme a capofitto in ogni sorta di vandalismo e taglieggio.
Trìolo, che sta per “lamento”, di quei lamenti che si sentono nelle ore notturne dai boschi e che sono usualmente i gemiti delle civette, era figlio di pastori, membro di una famigliaccia di pecorari che avevano occupato un vecchio castello sui Colli di San Rizzo, alle spalle di Messina, e lo avevano stipato di pecore. Era alto e magro come una carestia, piegato in avanti dalla lunghezza sproporzionata, con la pelle e le mani dure e fibrose come cuoio. Brutto come la fame, violento di palmo e di coltello, veniva da genti che mai avevano imparato a parlare e financo a vivere come i cristiani, persi nel loro mondo di bestiame, sterco e coltellate. Era quello che in genere scannava la gente e spillava sangue, ché dei tre era il migliore ad ammazzare uomini e bestie, e non aveva ancora capito, ormai a vent’anni, che la cosa dovesse essere considerata sbagliata.
Malanova era basso quanto quello era alto, magro anch’egli per fame e malattie. Era il più grande del trio per età, anche se con più anni passati al carcere che all’aria aperta. Alle Grandi Prigioni di Palermo aveva imparato a sopravvivere a qualsiasi cosa, accomodando accordi e stringendo patti di ogni genere. A lingua, insomma, poteva sciogliere legacci e annodare cappi. A Trìolo, per dire, se l’era comprato col tabacco, ché quello ne faceva una punta di principio che mai ne avesse dovuta comprare una presa, e piuttosto di spendere si fumava erba straccia dei campi. Malanova invece teneva un piede nel contrabbando e aveva sempre con sé le pipe da spartire. Con un po’ di generosità di convenienza, ben dosata giorno dopo giorno, di Trìolo aveva fatto il miglior compare e il proprio cane da guardia.
Scontentezza era l’ultimo del trio, quello più studiato e più civile, visto che grazie a uno zio ciabattino da cui era stato a bottega quattro anni aveva anche imparato a leggere e a scrivere (male). Ma, come si dice, chi zappa beve l’acqua e chi fotte beve vino. E così, stufatosi ben presto di ciabatte e pellami, aveva preso la via dell’aceto e si era fatto tirare dentro da Malanova nelle sue imprese di terz’ordine. Giusto di altezza, cupo di viso e di parlare, con sempre in cuore un’ansia che lo attirava alla vita ribalda e al contempo l’eterno rimpianto di quella serena che si era lasciato alle spalle, rendeva davvero onore al nome che gli aveva dato la gente.”
E’ arrivata la nuova antologia di Watson Edizioni e c’è un mio racconto nella raccolta. Questa volta parliamo di Folklore, una collezione di venti racconti ciascuno ambientato in una diversa regione italiana e ciascuno incentrato su qualche leggenda popolare o mostro della tradizione locale. Insomma, qualcosa di popolare, qualcosa di inquietante, qualcosa di tradizionale… come nei matrimoni.
Venti racconti, dicevamo, tutti scritti da brave penne del settore, illustrati da Vincenzo Pratticò e curati da Alfonso Zarbo, con il supporto di Alessandro Iascy e una splendida prefazione di Lavinia Pinello.
Per quello che riguarda la mia storia, dedicata alla Sicilia, il riferimento è molteplice: nel racconto appaiono innazitutto i cosiddetti “lupinari” del folklore isolano, ovvero i nostrani licantropi, con il loro mal di luna e la particolare forma di epilessia che la tradizione attribuisce loro. ATTENZIONE: paliamo non della epilessia “clinica” ma di quella più folkloristica e leggendaria, una vera e propria forma di possessione (questo vuol dire “epilessia” in greco) e morbo sacro… anche se i lupi ominari della mia storia sono tutto tranne che sacri!
Per seconda cosa, vi compaiono (già dal titolo) le Donne di Foresta, o Donne di Fuora: un particolare tipo di dame/streghe/fate della tradizione siciliana e specialmente messinese.
Infine, lo scenario della vicenda è il misterioso bosco di Malabotta (sic!) situato attorno a Montalbano Elicona e celebre per tanti elementi misteriosi e fantastici della sua storia e dei suoi dintorni, come querce secolari, maiali neri e megaliti… Tre belle immagini di questo luogo incantato le trovate in questa pagina.
Ottimo articolo! Ho letto il libro qualche tempo fa e ne sono rimasto colpito, mi ha dato anche modo di approfondire certi aspetti legati alla mia cultura e alcuni di questi racconti mi sono piaciuti veramente tanto.
Ci ho scritto anche una recensione e spero tanto che possa piacerti: https://mymadreams.com/2021/03/17/folklore-antologia-del-fantastico-sul-folklore-italiano/