Un nuovo Amico della Caponata arriva su queste pagine con approfondimenti e riflessioni. É Francesco Sacchi, che ci parla della figura del “Cattivo”!
“Ogni film vale solo quanto il suo cattivo. Dato che gli eroi e gli espedienti tendono a ripetersi di pellicola in pellicola, solo un grande cattivo può trasformare una buona prova in un trionfo.”
Roger Ebert
Il cattivo delle vostre storie
Chi è il cattivo, il villain delle storie? Perché questo tipo di personaggio riesce ad esercitare molte volte un grande fascino sul pubblico? Per rispondere a queste domande dobbiamo analizzare questa figura – spesso banale, spesso banalizzata – andando a guardare le sue sfaccettature in modo da comprendere ciò che si cela dietro a essa.
Per iniziare, riprendiamo la prima domanda: chi è il cattivo? Qui potrebbe già crearsi una certa ambiguità, perché spesso si confonde il cattivo con l’antagonista o il rivale, quindi serve prima definire questi ruoli, partendo dall’ultimo citato. Il rivale è quel personaggio che ha un rapporto di sfida e di competizione con il protagonista, e che non necessariamente è un personaggio malvagio – per avere un esempio basti pensare a quanti personaggi di questo tipo compaiono negli anime.
Per secondo ecco l’antagonista, il vero cattivo: è quel personaggio che si oppone al protagonista, e che spesso si vede assumere il ruolo di cattivo per il classico dualismo protagonista-buono e antagonista-cattivo; da questo schema si può anche uscire in quelle storie in cui il protagonista è egli stesso un cattivo (vedi il Riccardo III di Shakespeare). Inoltre l’antagonista può anche non essere per forza una persona fisica: infatti può anche manifestarsi come un gruppo o un fenomeno naturale (basti pensare a Il vecchio e il mare di Hemingway).
Definire il cattivo invece può richiedere uno sforzo maggiore, ma certamente chiunque può designarlo, anche brevemente, come il nemico principale del protagonista. Volendo invece approfondire il discorso, possiamo dire che il cattivo è il vero motore della storia in quanto la narrazione nasce dal conflitto. La citazione del critico cinematografico Roger Ebert, riportata sopra, è paradigmatica: siccome i protagonisti e gli espedienti delle storie tendono a ripetersi, solo un cattivo di qualità può dare vita a una vicenda memorabile! Facile trovare degli esempi a suffragio di questa teoria: prendiamo il film Il cavaliere oscuro, che viene spesso ricordato per il personaggio del Joker di Heath Ledger, o Kefka Palazzo, iconico cattivo di Final Fantasy VI considerato uno dei migliori cattivi dell’universo videoludico.
Nonostante le evidenti differenze che esistono tra un cattivo e l’altro, le caratteristiche possono essere raggruppate in 3 distinte categorie, che possiamo definire le tre “M” del cattivo: esse sono il movente, la morale e i mezzi.
Il cattivo ha sempre un movente che lo mette in moto, e all’interno di questa caratteristica c’è anche quello che è il suo retroscena; è il movente del cattivo che dà l’avvio agli eventi della storia (qualunque essa sia) sia per la propria vicenda che per quella, a questo punto consequenziale, del protagonista, ed è forse la sua prima caratteristica perché lo giustifica e ne rappresenta la genesi.
Prendiamo per esempio due personaggi di due universi fantasy ben distinti: da una parte abbiamo Lord Kalak, re stregone del ciclo narrativo di Dark Sun, e Nicol Bolas, drago praticamente onnipotente di Magic the Gathering; entrambi rappresentano quello che è il grande nemico da sconfiggere delle rispettive fonti, ed entrambi cercano un potere che trascende quello di cui sono già in possesso – ecco qui il loro (banale?) movente: la ricerca di un potere sempre più grande.
Il cattivo ha poi un morale, che rappresenta quello che è il suo rapporto con le regole della società e del mondo che lo circonda, ma che è anche l’insieme di quelle che sono le sue regole personali; è da questa caratteristica che il più delle volte rimaniamo affascinati, perché vediamo come l’essenza del cattivo lo limita o lo giustifica.
Molte volte il fascino del cattivo sta nel fatto che agisce diversamente da come sarebbe normale (secondo le regole della società) – entrando nello specifico su quanto accennato poco fa, quello del cattivo con le regole della società è un rapporto controverso, perché a seconda del suo “stile” può infrangerle, seguirle alla lettera o essere lui stesso a dettarle.
Per fare un esempio anche qui, prendiamo Thanos di Avengers: Infinity War, il cui scopo è quello di uccidere metà degli esseri viventi dell’universo, ma solo per permettere all’altra metà di sopravvivere prima che la mancanza di risorse porti al ripetersi del destino toccato al suo pianeta natale; non che Thanos non si renda conto di ciò che sta facendo, ma è come se il suo male necessario giustificasse un bene superiore.
Infine, il cattivo ha anche dei mezzi, e questo termine raccoglie tutta una serie di elementi materiali e non che il personaggio ha a disposizione: servitori, alleati, beni materiali sono gli esempi più classici, ma anche poteri soprannaturali o macchinari tecnologici rientrano nella lista. I mezzi hanno anche loro un certo peso sul modo di agire del cattivo, perché rappresentano le sue possibilità e le sue alternative: ad esempio, un cattivo che dispone di grandi somme di denaro può procurarsi qualsiasi tipo di risorsa per mettere in atto il proprio piano; non avere a disposizione un patrimonio considerevole può essere compensato dalla creatività del personaggio, e questo lo porta a svilupparsi in maniera diversa.
Per chiudere con un esempio anche qui, il Riccardo III dell’omonimo dramma storico di Shakespeare è un membro della famiglia reale (potendo quindi disporre di un enorme potere politico), ma è anche un uomo storpio e deforme che fa della sua intelligenza la sua arma migliore e che si rivelerà fondamentale durante l’opera.
Creare un cattivo convincente quindi porta a esplorare tutte e tre queste direzioni, proprio perché il cattivo è un personaggio che può essere esaminato secondo vari di livelli di lettura e che molte volte rischia di essere visto solamente come una forza che si oppone al protagonista della storia quando in verità, forse, è più appropriato dire l’esatto contrario.
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