Com’era il rapporto tra librogame e riviste letterarie (e fiere del libro, e critica di settore) negli anni ’80? Ce lo mostra un curioso ritrovamento!
Ho ritrovato per caso un articolo del 1989 dedicato ai librogame, che riporta la situazione del librogame alla Fiera del libro per ragazzi di Bologna della primavera di quell’anno. Mi pare un documento interessantissimo e lo riposto qui integralmente. Grassetto nel testo mio.
Da Italiano e oltre Rivista bimestrale Anno IV (1989), numero 2 marzo-aprile.
Facciamo i conti con il libro-game, di TERESA BUONGIORNO e DONATELLA ZILIOTTO
I trucchi, gli argomenti, i personaggi, i titoli dei libri che si possono ‘fare a pezzi’
1 – Labirinti intricatissimi
A Bologna, in occasione della Fiera Internazionale del Libro per ragazzi 1989 (6-9 aprile), l’IBBY (l’International Board of Books of Youth, l’organismo internazionale che assegna le prestigiose medaglie Andersen, l’equivalente del Nobel per la letteratura giovanile), riserva una giornata al libro-game, protagonista delle ultime stagioni in libreria, che ha sfatato un vecchio luogo comune sul tramonto della lettura incalzata dall’elettronica.
Negli ultimi quattro anni la sola E. Elle, ne ha venduti un milione di copie. Che i ragazzi abbiano davvero ripreso a leggere? Per chi non avesse avuto ancora l’occasione di averlo in mano, il libro-game tascabile costa poco, ma soprattutto non si legge seguendo l’ordine numerico delle pagine; si procede saltando qua e là, in un intricatissimo labirinto costituito da una serie di brevissimi capitoletti numerati (in media 400, poco più, poco meno), che si rimandano l’uno all’altro su uno schema nascosto offrendo ogni volta un’alternativa di percorso. In questo modo il lettore costruisce il proprio cammino e diventa protagonista dell’avventura, si butta allo sbaraglio o temporeggia, attacca o si tiene in difesa, finché soccombe o vince, alla fine, usando anche un corredo in dotazione (e spesso gomma e matita, per segnare i propri punti, e cancellarli per ricominciare).
Mutuato dal videogioco e insieme dai «giochi di ruolo» (un’altra novità anglosassone di grande fortuna), unisce ritmo e ambientazione, suspense e partecipazione, peccando talvolta di semplicismo linguistico, ma spesso tenendosi al livello medio d’un poliziesco o d’una storia fantascientifica corrente. I ragazzi ne vanno matti, forse perché capiscono d’istinto che qui si parla il loro linguaggio, quello del loro futuro: chiaramente lo snodarsi del percorso si articola sullo schema tradizionale di un computer, ma lo sposa alla magia del gioco di ruolo che porta in una dimensione fantastica estremamente personificata.
Tutti coloro che operano nella cultura dell’infanzia si trovano a fare i conti oggi con la rivoluzione del libro-game, che per la prima volta nella storia della parola scritta vede il libro farsi altro da sé, subire una mutazione sotto l’impatto di una scrittura diversa, quella elettronica.
2 – L’opera si apre
Anche noi scrittori per ragazzi ci interroghiamo e soppesiamo l’intruso. Che cos’è che ha portato il romanzo a farsi così diverso da sé, costringendo il lettore a salire sul palcoscenico invece di partecipare da spettatore, lasciandosi guidare dall’onda della parola?
Cerchiamo nei nostri ricordi e nei nostri scaffali gli antecedenti, per capirne la storia. Troviamo ad esempio un curioso romanzo-esperimento di Mare Saporta (tradotto dal francese per Lerici nel 1962) Composizione n. 1, in cui le pagine non sono né numerate né legate. Si possono mescolare come un mazzo di carte. Si possono buttare in terra e raccogliere a caso. La storia non cambia ma cambia la successione della presentazione dei fatti.
Il romanzo naturalista è morto, lo scrittore si sente assediato dal computer che appare, cerca di lavorare sulla struttura per rinnovare le sue armi.
Sedici anni dopo Giuseppe Pederiali pubblica il primo romanzo fantasy italiano, Le città del diluvio (Rusconi), dove pare che un colpo di vento abbia scompaginato i capitoli: per una lettura tradizionale bisognerebbe incominciare dal quarto, tornare al primo, e saltare ancora nei successivi.
Ma l’autore non dà nessuna chiave, il lettore dovrà ricomporselo da solo, quest’ordine, e avrà l’impressione di addentrarsi in un tempo sovvertito. Il libro-game, di fatto, dispone di minor libertà, l’ordine di lettura pare (o è) stabilito al calcolatore, sul sistema binario.
Se mai, in alcune varianti che anziché puntare sulla complicazione labirintica del percorso puntano sulla molteplicità dei finali possibili, il libro-game ci riporta ai tempi in cui Umberto Eco ci iniziava all’Opera aperta (Bompiani) e Gianni Rodari giocava per radio coi bambini a scegliere tra finali diversi una conclusione alle sue storie (Tante storie per giocare, Einaudi).
La vera data di nascita del libro-game, in Italia, è quella dell’arrivo delle Avventure nell’isola di Edward Packard, una scoperta del 1976 di Armando Armando, pubblicata da Gabriella Armando nelle Nuove Edizioni Romane nel 1982. Qui si salta da una pagina all’altra scegliendo ogni volta tra due alternative, correndo verso 39 diversi finali.
Poi, nell”85, arriva sulla scena Lupo solitario, che inaugura la prima delle tante collane E. Elle dirette da Giulio Lughi, ed è subito successo.
Nell”86 torna Packard, questa volta con la Mondadori, con 40 finali alternativi. Insieme, Mondadori propone una serie per i più piccoli, dove gli eroi sono quelli della tradizione per bambini, Alice, Pinocchio, La Bella addormentata. Sono semplici e disneyani, mentre la Piccoli offre sempre in chiave bambini una sua variante horror tra cantine e pipistrelli, tesori e fantasmi. È una battaglia a colpi di titoli, ma il vero libro-game è quello labirintico e binario.
In casa E.Elle a Lupo solitario, l’eroe fantasy che oggi è all’8° volume, si aggiungono altri eroi: Teseo, Ulisse, Artù, si procede tra leggenda e storia, guerre stellari e viaggio nel tempo, paranormale e western, giallo e rosa.
C’è stata anche, due anni fa, una scatola gioco, in alternativa, una tantum. L’ultima novità è la partita a due, il Faccia a faccia da giocarsi con due protagonisti (e due volumi, uno per ciascuno), come a dama. C’è anche tra gli altri l’edizione in quattro volumi del più famoso gioco di ruolo, Dungeons and Dragons. Gli autori sono dimenticati, non figurano neppure nel catalogo. Per la cronaca diremo che Lupo solitario è di Joe Dever e Gary Chalk, il Faccia a faccia ha autori (A. Chapman, M. Allen) e padrini (Steve Jackson e Ian Livingstone), il Dungeons and Dragons è di H.Simon, T. Phillips, J. Blashfield, P. Niles un volume per ciascuno.
Nel 1987 le Nuove Edizioni Romane propongono il primo libro-game italiano, Il mistero del deserto dei cactus, di Maurizio Caminito e Stefania Fabri, lui dirigente del sistema bibliotecario della provincia di Roma, di grande creatività, lei bibliotecaria attenta ai possibili legami dell’elettronica col libro.
Il loro libro-game è diverso da tutti gli altri, la narrazione non procede a balzelloni ma segue l’ordine successivo delle pagine, alternando narrazione e prove da superare (tra labirinti e rebus, giochi grafici e indovinelli), lungo un percorso di forte intensità ambientale, con molta attenzione stilistica.
E sempre in biblioteca nasce il secondo libro-game italiano, I racconti del gufo di Marino Cassini (Mursia), direttore della De Amicis di Genova, scrittore di romanzi per ragazzi e direttore di una delle più interessanti riviste critiche di letteratura giovanile, «LG. Argomenti». Dalla sperimentazione di animazione in biblioteca Cassini, insieme a Biagina Sgarlata Burlina, insegnante e illustratrice, ha tratto un libro-gioco atipico che chiama il racconto puzzle: il percorso è sempre a balzelloni, si salta da una pagina all’altra, ma la numerazione non c’è, deve mettercela il lettore sciogliendo gli enigmi volta a volta (rebus, anagrammi, acrostici, labirinti, parole crociate e via dicendo) e volendo le pagine possono essere staccate e ricomposte nell’ordine, dato che sono munite di buchi. Si corre di meno, si pensa di più.
Nell”88 arrivano sulla scena gli «Oscar-Giochi», collana mondadoriana diretta da Alcide Paolini noto autore per adulti con qualche felice excursus romanzesco per ragazzi. Lo schema è di nuovo quello mutuato dal calcolatore, su un percorso labirintico a schema binario. Va a ruba Falcon, agente speciale in viaggio nel tempo, di Mark Smith e Jamie Thomson, munito di mappe cosmiche e sofisticate attrezzature. Si ispira ai giochi di ruolo la serie di Tunnel e Troll, fantasy di Ken St. Andre, dove figura anche un Libro delle regole che ti permette la costruzione di «tutte le avventure possibili».
Ma c’è anche un Libro delle carriere, e un Il presidente del consiglio sei tu, di una misteriosa coppia G&L, probabilmente nostrana, che assomigliano più al Monopoli che ai wargames.
3 – Li leggono tutti
Tra i lettori non ci sono soltanto i ragazzi: alla E. Elle ricevono telefonate (per chiedere lumi o per segnalare refusi) sia dal contadino che ha appena munto la vacca che dal manager in intervallo di stress. Sarà una moda transitoria com’è stato per il fumetto, passione di trascorse generazioni e disperazione dei genitori, oggi in declino? Certo che i connotati dei due generi si sfiorano, l’uno mutuava l’immagine dal cinema, l’altro ruba la chiave al computer, ma nessuno dei due costituisce una lettura semplificata, si richiedono sempre la decifrazione di codici diversi da quello tradizionale e supplementi d’attenzione. Non si tratta dunque di una lettura riposante, ma si tratta pur sempre di lettura, e non solo perché viene usata la parola scritta, ma anche perché viene adoperata la struttura del romanzo d’azione, l’incalzare dei fatti.
Ci sembra, riflettendo, che in qualche modo il libro-game sia l’erede della rivoluzione portata negli anni Trenta – Quaranta dalla «Biblioteca dei miei ragazzi» dove il feuilleton per bambini puntava sulla suspense abolendo lungaggini descrittive e moraleggianti. Allora quella collana (oggi riproposta con felice intuizione dalla «Salani Nostalgia» utilissima per bambini alle prime armi col romanzo) guadagnava lettori puntando sulla rapidità e scarnificando la trama.
Del resto è stato Bruno Bettelheim, il più celebre specialista in infanzia (insieme a Karen Zelan, sua collaboratrice da lunga data alla Scuola Ortogenica di Chicago) a sottolineare come l’incanto della parola scritta sia soffocato dai metodi d’insegnamento della lettura, che propone sillabari e sussidiari con messaggi deprivati di qualsiasi fascino (Imparare a leggere, Feltrinelli). Tra l’altro si parla della necessità, per il bambino, d’acquistare una velocità meccanica di lettura tale da permettergli di godere del libro, ma perché possa conquistarla bisogna offrirgli qualcosa capace di avvincerlo. Niente di meglio del libro-game, che si lega a quella rivoluzione informatica che per la prima volta nella storia ·vede il bambino tener testa all’adulto, imparando più rapidamente dell’adulto qualcosa che lo metterà in grado di diventare padrone della situazione.
Non è un caso che siano sempre ragazzi quelli che riescono a penetrare nelle più protette banche dati: pare che per inventare un videogioco non bisogna avere più di 20 – 22 anni.
4 – A scuola di roccia
Semmai c’è da chiedersi se il protagonismo ostentato dal libro-game («il protagonista sei tu», si grida in copertina) non sia illusorio, così come è falsamente democratico lo scialo di gente comune in tv.
Il teatro ragazzi negli anni Settanta, dopo aver portato gli spettatori dalla platea in palcoscenico, scopriva che era solo un gioco, capace di togliere polvere dal teatro ma non tale da soppiantare lo spettacolo tradizionale, da consumarsi in poltrona; a ognuno il suo ruolo e sull’onda di quel gioco è nato il Libro domino di Franco Passatore e Fausta Bonaveri (Mondadori).
Del resto sul pericolo dell’eccessiva partecipazione ai giochi di ruolo c’è stato un divertente romanzo, Era solo un gioco di Rona Jaffé (Mondadori), in cui la vita fantastica finisce per impadronirsi dell’animo dei giocatori portandoli nei guai, mentre (non dimentichiamolo), l’eroe di Michael Ende in Storia infinita, che entra nel libro per salvare Fantasia aggredita dal Nulla, dopo battaglie fantastiche combattute da protagonista e da eroe, torna alla vita quotidiana rafforzato nella sua identità. Se è vero che oggi fantasia e narrativa sono finalmente uscite dal recinto del tempo libero, guadagnandosi un posto nella cultura con la C maiuscola, è anche vero che non di solo feuilleton si vive: si ha bisogno anche di respirare l’aria delle vette, se mai facendo scuola di roccia anche sul libro-game.
Di fatto molti riconoscono al libro-game questa funzione propedeutica, senza contare che potrebbe esser fruttuosamente usato sul versante della divulgazione. Nella storia, per esempio, dove si è già cimentato con fortuna il romanzo, nel filone della narrativa obbligatoria (quella da leggersi a scuola, un libro per ognuna delle tre classi della media inferiore). E, di fatto, già sono comparsi i primi libro-game storici, dove l’autore ha dovuto affrontare e risolvere a priori tutti i problemi che già aveva incontrato il suo collega autore di romanzi storici: se scegliere a protagonista un eroe noto oppure un anonimo spettatore che dall’ombra del passato venga alla ribalta come testimone di fatti trascorsi.
E poi, più inquietante, un altro interrogativo: questo protagonista subirà la storia o potrà mutarla? Già gli autori di fantascienza hanno inventato una sorta di ferreo codice morale, per cui è vietato interferire col passato. E per sicurezza sono stati istituiti una polizia del tempo, agenti segreti, barriere varie. Ricordate il film Ritorno al futuro? Un adolescente arriva con la macchina del tempo a incontrare i propri genitori adolescenti e fa delle piccole modifiche a ciò che è stato, con la saggezza del poi, tanto che tornando al suo presente ne avrà dei vantaggi.
Ma un suo errore potrebbe avere conseguenze nefaste, anche cancellarlo dalla faccia della terra. Gli autori del libro-game storico seguono la stessa linea, come si può riscontrare nella serie E. Elle «Time Machine»: in più, forniscono all’eroe di turno una banca dati da consultare che è una sorta di estratto da un Bignami universale. Insomma: se sai come andarono le cose sul libro di scuola vinci, ma se non lo sai puoi impararlo giocando. Si potrebbe osare di più: i romanzi storici per ragazzi tendono piuttosto a far scoprire un contesto socioculturale, la possibilità d’essere uomini in tante diverse maniere, all’insegna della tolleranza, o persino cercano di sviluppare un senso storico per leggere i libri di scuola con una punta di sospetto, dato che gli storici riscrivono la storia continuamente completando all’infinito un puzzle che si modifica col ritrovamento di pezzi o con la formulazione di nuove ipotesi interpretative.
Intanto, tra storia e leggenda, si muove anche una nuova serie E. Elle, ispirata ai «Misteri d’Oriente» che s’apre con un volume dedicato al Vecchio della montagna e chiama in primo piano il Prete Gianni. Questa volta non c’è banca dati in soccorso, e la novità non è solo questa: gli autori sono di lingua francese, e fanno parte di un gruppo di progettazione di sette persone. Non è tutto. Altre prospettive potrebbero aprirsi sull’onda della rivalutazione del videogame. Sono in corso negli Stati Uniti esperimenti che cercano di migliorare i percorsi didattici sfruttando le caratteristiche mentali attivate dai videogiochi. In fondo il cosiddetto bambino teledipendente si è rivelato dotatissimo per l’informatica solo perché la sua videodipendenza gli ha permesso di sviluppare una facoltà che i bambini libro-dipendenti non hanno, ragionare per sintesi visive.
Intanto, niente vieta d’usare il libro-game per un rilancio della lettura, anche perché sembra che davvero abbia un effetto iniziatico. Non per niente la sua esplosione sul mercato è stata seguita dalle nuove fortune e della narrativa per ragazzi, pensiamo al successo degli «Istrici» (Salani) e dei «Meno dieci, più dieci», «Junior» e «Superjunior»della Mondadori. Siamo in una stagione ricchissima di piccoli capolavori, per una generazione di figli alla prese con genitori tanto timorosi del futuro da rifugiarsi sempre più nel sogno della propria infanzia perduta, come attestano film e romanzi che sempre più propongono all’uomo e alla donna di oggi un eroe bambino con cui identificarsi.
Articolo molto interessante!
Grazie!