Carlotta, l’inconsolabile Carlotta… ma cosa ne fu di lei, dopo la scomparsa del suo diletto Luigi?
Le lacrime che sembravano irrefrenabili ad un certo punto si interruppero bruscamente.
Virginia, la fedele cameriera veneziana che in un impeto d’affetto aveva abbracciato la signorina accasciatasi sul divano, si fece indietro, perplessa. Carlotta Des Planches era ancora agitata da fremiti, ma non piangeva più.
Con lentezza si levò a sedere compostamente, con le mani congiunte sul grembo: il suo abito bianco spiccava sull’azzurro pavone del divano, facendo ancora risaltare maggiormente il viso chiazzato ed enfiato dal pianto.
“No”, pronunciò la ragazza in tono fermo.
“No”, ripeté dopo un istante, afferrando le mani di Virginia. “Luigi non vorrebbe vedermi così. Lui”, disse in un singulto, “non merita di vedermi così.”
“Signorina”, singhiozzò la ragazza.
Carlotta prese in mano il telegramma caduto a terra, e dopo averlo fissato, rileggendone il contenuto, lo accartocciò con lentezza.
“Queste parole non valgono nulla”, sibilò. “Non vogliono dire cosa è successo al mio Luigi, ma io lo scoprirò, anche se questi vigliacchi del Ministero non vogliono dirlo!” E gettò via il grumo di carta.
“Carlotta!”, si lasciò scappare Virginia, per poi appoggiare la mano alla bocca, inorridita dalla confidenza mostrata verso la sua padrona.
La giovane si levò in piedi, stringendo con forza le mani della cameriera.
“Non posso, Virginia”, disse fissandola negli occhi, pur se essa era più alta di lei.
Distogliendo lo sguardo e reprimendo un singhiozzo “Non vada fora de levada, signorina”, balbettò.
“Non posso”, ripetè quella, chiudendo gli occhi e scuotendo la testa. “Non potrò mai dimenticare l’affronto fatto alla memoria del mio Luigi, e l’indifferenza con la quale lo hanno trattato… e mandato al macello!.”
“Signorina, duri i banchi!”, continuò la ragazza, stringendole a sua volta le mani, “io la capisco, ma a ghe xe passada a Sciàffari, e a ghe passa anca a ela…”
“No”, disse Carlotta, in tono deciso e definitivo. “Prepara i bagagli, mentre io scrivo a mio padre.”
“Che vuol fare, signorina?”, chiese Virginia, in un sospiro rassegnato.
“Per ora, prendere il primo treno per Istanbul”, rispose quella, decisa. “Poi, vedremo.”
Lasciò andare le mani della ragazza, e voltandole le spalle si avvicinò allo scrittoio.