Tu-tum Tu-tum

Giochino estivo proposto da Mario Pesce.

Partecipo su invito di Giovanna Repetto, che ringrazio 🙂

STORIE FANTASTICHE ISPIRATE DA FOTO.

Per il prossimo gioco invito Franci Conforti
Ecco il mio contributo 🙂

di Valeria Barbera, 14 luglio 2022

La donna si avvolse la sciarpa al collo e si strinse nel cappotto.

– Aspettami qui, ok?

Lui annuì, seduto al tavolo della cucina a sorseggiare il caffellatte, con le manine che faticavano a cingere il tazzone e gli occhi puntati sulla TV accesa.

Il cartone animato terminò.

Il bimbo aveva ancora negli occhi l’immagine di sua madre che prima di uscire afferrava un oggetto dalla strana forma: era un bastone di legno terminante in una scintillante punta a forma di martello. Lei gli aveva detto che era un’accetta e che serviva a tagliare la legna per il camino.

In effetti, il freddo pungeva in quella casupola di montagna investita dalla tormenta.

La sentiva bussare alla finestra.

***

Lui e sua madre erano arrivati lassù la sera prima, dopo che la mamma lo aveva svegliato e caricato in auto senza neppure vestirlo.

– Dov’è papà? – le aveva chiesto.

La donna si era abbassata la manica sul polso livido e si era toccata il labbro macchiato di rosso.

Nella penombra il suo viso luccicava come se fosse bagnato, soprattutto intorno agli occhi.

– Lui non viene. È occupato.

L’album da disegno era rimasto nella cameretta.

***

Il piccolo smise di bere il latte. La mamma non era ancora rientrata.

Fuori, il vento ululava e i rami degli alberi innevati graffiavano i vetri della cucina come fossero artigli.

Il bimbo emise un sospiro e si guardò attorno.

Oh, un libriccino sul tavolo. Non ricordava di averlo visto quando si era seduto, prima di fare colazione. Allungò le manine e lo afferrò. Un pensiero gli sbocciò nella testa, spontaneo.

Mercolibrì…

***

La signora che li aveva guidati a quella vecchia dimora abbarbicata sulla cima della montagna aveva un naso a becco e un occhio che somigliava una biglia.

– Qui starete al sicuro – aveva detto consegnando le chiavi alla madre. – Basta che rispettiate le regole: non toccate nulla che non sia vostro.

***

Il bimbo sfogliava il libriccino. Rimirò incuriosito i rossi disegni che ornavano le piccole pagine.

Erano uccelli, a giudicare dalle forme. Che strana sensazione davano sotto i polpastrelli. Erano morbide e calde. Parevano pulsare, come se in quelle linee ci fosse racchiuso un cuore che batteva.

Tu-tum. Tu-tum.

Ohibò. Parevano anche cambiare alla luce nebulosa della tormenta.

Grattò i disegni con le unghie. Uno stridio lo fece saltare sulla sedia mozzandogli il fiato.

Alzò gli occhi di scatto. Le ombre della cucina gli danzavano intorno al ritmo del vento che ululava. Strisciavano sulle pareti e… parevano avvicinarsi.

Una di loro gli passò davanti al naso; il tazzone si rovesciò, cadde a terra ed esplose in mille pezzi.

Il bimbo si lanciò giù dalla sedia.

– Mamma! – gridò, ma lei non c’era.

Si abbracciò per farsi coraggio e darsi calore. Il camino giaceva desolatamente spento.

Un picchiettio alla porta di casa gli stimolò una domanda.

– Mamma?

Era la sua voce quella che lo chiamava dall’esterno della casa? O era il vento che giocava con lui?

Corse verso l’uscio. In pigiama e ciabatte.

– Mamma? Sei tu?

Nessuna risposta, a parte un mormorio confuso e gutturale, quasi… gracchiante.

– Mamma?

Forse era caduta e si era fatta male.

Un altro stridio. Il bimbo si gettò un’occhiata alle spalle.

Le ombre animavano le pareti, scivolano sui muri come serpi, erano avvoltoi che volteggiavano intorno a lui, pronti a planargli addosso.

Li vedeva, nella falce di luce opaca che dalla cucina penetrava nella casa flagellata del vento e si gettava nel corridoio. Avevano gli occhi brillanti di malignità e grandi becchi arcuati, le ali possenti, le zampe enormi, gli artigli snudati sempre più giganteschi e vicini.

– Mamma, mamma!

Si alzò sulle punte dei piedini, armeggiò con la maniglia e aprì la porta. Il vento gelido la spalancò con un botto. L’urlo di terrore si spremette dalla gola del bimbo come pasta di dentifricio dal tubetto e si librò nella tormenta.

Aveva 5 anni e li avrebbe avuti per sempre.

Redazione
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