Il cavaliere della porta, di Umberto Pignatelli, è il primo librogame (di sempre) ambientato nello straordinario mondo di Kata Kumbas. Una non-recensione.
Complice l’averlo preso da poco e aver avuto millemiliardi di cose da fare bla bla bla, ho iniziato a giocare Il Cavaliere della Potta Porta solo da un paio di giorni. Mea Culpa. Per fortuna ho rimediato in breve, finendolo e rigiocandolo 3-4 volte in queste notti e adesso mi pare quindi il caso di ammorbarvi con le mie considerazioni parlarvene.
Partiamo col dire che questa non può essere una recensione. Umberto è un amico, conosco Francesca abbastanza e collaboriamo quando possibile, il libro è edito da GG Studio con cui collaboro e sono in costante relazione, il Venture System su cui il librogame si basa è un po’ anche farina del mio sacco.
Nonostante io sappia di essere (e voi sappiate che io sono) una persona imparziale e onesta, scrivere una recensione di un libro così vicino a me non avrebbe senso.
Però visto che Umberto mi ha chiesto più volte dei feedback sul libro, penso che sia divertente fornirglieli in pubblico. Prendetela come una conversazione a due che state origliando. Gli SCHIAFF! che di tanto in tanto sentite sono gli schiaffi che gli sto dando sulla base del collo, non appena si gira.
Il Cavaliere della Porta
Cominciamo col dire che l’amico Pignatelli ha fatto i compiti a casa: Il Cavaliere della Porta è perfettamente calato nell’atmosfera di Kata Kumbas, scritto molto bene sia dal punto di vista della narrativa che del design. E bravo Umberto: SCHIAFF!
Avventure, incontri, situazioni, gag, battute, l’approccio diretto tra l’autore/mago e il lettore/eroe, le varie linee narrative e sottotrame, il rimando al passato misterioso di Ugger che man mano si svela… tutto sistemato a regola d’arte. Mancano completamente refusi e svarioni (e Dio mio, i miei librogame ne sono pieni!) e tutto l’aspetto ludico è realizzato davvero allo stato dell’arte. Talmente bravo che mi dà l’impressione del saputellino della classe, il cocco della maestra che non sbaglia mai. Gnè gnè gnè. SCHIAFF! Un altro schiaffo sul collo da quello seduto dietro che copia sempre.
Parto però subito con tre considerazioni negative, Umberto e Francesca non me ne vogliano:
1 – Il libro è scritto in caratteri davvero minuscoli e il font usato non mi pare eccezionalmente adeguato: troppo asettico, poco “fantasy”.
Comunque, a parte il font, ci si perde davvero la vista sopra: fate una versione Mammuth per favore, con un carattere più grande!
2 – La copertina è uno splendido dipinto, ma la sua applicazione non le rende onore e mi pare fuori posto per il libro. Francesca Baerald l’ha dipinta in maniera impeccabile, ma trovo che sia poco adatta agli spazi di copertina di un librogame, dove avrebbe spiccato meglio un illustrazione più chiara e più semplice, magari avventurosa.
Io per esempio fatico a cogliere il dettaglio del grifone o a capire l’immagine nel suo complesso, con gli elementi in quarta di copertina. Mi dispiace dirlo perché in sé la figura è bella, ma non mi sembra adeguata al prodotto su cui appare.
3 – Per i miei gusti, Il Cavaliere della Porta pecca di eccessiva facilità. Ho giocato tre volte, sbilanciando sempre il mio personaggio su una particolare caratteristica, e sono dovuto andare riducendo di volta in volta i punteggi standard a disposizione del mio eroe, per evitare che il gioco fosse completamente senza rischi e mordente.
La prima volta ho giocato un Ugger determinato, prode e cavalleresco: Forza 8, Astuzia 5, Saggezza 5. Devo dire che in questo modo, tutti i combattimenti sono una passeggiata, anche quelli contro i boss che avrebbero dovuto impensierirci.
La seconda volta ho scelto ho distribuito 3 punti in meno del dovuto e tolto 3 punti all’Energia Vitale. Il mio secondo Ugger era scaltro e un po’ furfante: Forza 4, Astuzia 7, Saggezza 4, e l’ho ruolato mettendo la mia canaglia in tutte le situazioni più vantaggiose per queste statistiche, forte anche dell’esperienza maturata nella prima partita (non per niente ero Astuto). Anche così, è stato abbastanza semplice arrivare alla fine.
Terza e ultima giocata, per ora, con un Ugger intelligente, riflessivo e interessato alla magia, ma ancora più nerfato: Forza 3, Astuzia 3, Saggezza 6. Tanto Saggio ero, da sfruttare tutto quello che sapevo nelle due giocate precedenti e andare avanti comunque abbastanza bene fino al finale.
Insomma, delle due l’una: forse il gioco poteva essere tarato su una maggiore difficoltà, o forse sono io che sono troppo bravo.
La seconda che ho detto: SCHIAFF!
Nonostante non siamo qui a farci le riverenze a vicenda, adesso però un paio di cose positive devo davvero sottolinearle:
1) Illustrazioni, mappa e decorazioni della pagina realizzate da Francesca Baelard sono davvero lussuose. Ho stampato tre volte la scheda per giocare e non mi sono mai stancato di guardarla: veramente stupenda l’attenzione ai dettagli. Meno curate erano forse le illustrazioni ludiche, ma il gioco di cercare gli indizi nei disegni o risolvere enigmi grafici è davvero divertente. Se non sapete di cosa sto parlando, in pratica tutte le illustrazioni inserite in gioco nascondono numeri o altri elementi da osservare e contare, per aprire opzioni segrete o offrire dei vantaggi. ANCHE LA MAPPA! 😉 Comunque, come appunto dicevo, il gioco nel gioco è proprio divertente.
2) Ottima scrittura, tono ilare, perfetto stile Kata Kumbas: il vecchio Pignatelli ha rivelato doti narrative che davvero non gli avrei mai attribuito (SCHIAFF!). La storia è divertente, con qualche colpo di scena, classica nel suo sviluppo, ma anche fresca e scanzonata. L’autore dialoga continuamente con il lettore, mettendogli la pulce nell’orecchio tutto il tempo (battuta che solo chi ha finito il libro può comprendere) ed è davvero, mi duole ribadirlo, ben scritta! Inoltre, è un vero e proprio gesto di amore verso il mondo di Kata Kumbas, sincero e appassionato: vi appaiono citazioni infinite e richiami continui a quel mondo straordinariamente vivace e ironico. Infine, non mancano l’aspetto piccante e gli ammiccamenti espliciti al lettore, che ho personalmente gradito: se non sbaglio a contare, ci sono almeno tre occasioni di vivere scene maliziose e “conquistare” smaniose fanciulle, una delle quali è anche poco umana e offre uno spaccato di amore interraziale…
3) Le opzioni di gioco sono varie, ben strutturate e ottimamente gestite. Qui effettivamente Umberto Pignatelli gioca in casa, essendo di fatto per prima cosa un game designer, ma lo stile c’è e si vede. Si possono trovare in giro decine e decine di oggetti, tutti utili e bilanciati tra loro e tutti che possono essere usati perlomeno in 2 modi o situazioni diverse, rendendo l’aspetto strategico del librogame eccezionalmente curato. Note di gioco, bivi, dilemmi, tratti da acquisire, vie diverse e complementari per raggiungere gli stessi obiettivi, trucchi, passaggi segreti e scelte nascoste, situazioni in cui conviene perdere invece che vincere, strade alternative ottime per garantire la longevità del titolo: c’è tutto quello che serve per dire che dal punto di vista ludico siamo allo stato dell’arte. Il cavaliere della porta èuno dei librogame meglio realizzati dal punto di vista ludico che io abbia mai visto. Non so sia merito dell’effetto “nano sulle spalle di giganti”, ma se Umberto avesse presentato questo livello di design nell’Inghilterra degli anni ’80 sarebbe potuto senz’altro essere un Joe Dever alternativo.
Il Cavaliere della Porta e il Venture System
Una delle cose che più mi interessava scoprire de Il Cavaliere della Porta è come Umberto avrebbe usato e declinato il Venture System, da lui stesso ideato. Dopo l’ottima prova di Andrea Mollica in Golgota Blues e il prototipo scritto da me di Vivi e lascia risorgere, ero proprio curioso di scoprirne le potenzialità in un librogame lungo e dettagliato, che offre spazio a decine di opzioni e approfondimenti.
Prendete le prossime considerazioni come un commento tecnico all’applicazione del Venture System al Cavaliere della Porta: se la cosa non vi interessa, saltate pure alle conclusioni.
Ebbene, il lavoro fatto da Umberto nella prima applicazione “lunga” di questo sistema di regole è esemplare, a parte il difetto di bilanciamento (vedi sopra). I Punti Fato funzionano alla perfezione come “premi” per checkpoint particolari e successi speciali, e anche il sistema di recupero di Energia Vitale con pasti e riposo è molto efficiente.
Nonostante il sistema sia semplicissimo, Umberto è riuscito inoltre a creare tutta una serie di effetti di armi e oggetti che si integrano perfettamente con le sue meccaniche: alcune armi “si spezzano” se usate assieme a 1+ punti di Energia Vitale, altre invece funzionano meglio proprio quando si usa l’Energia Vitale. Non sono ancora convinto che le Armature debbano aggiungere punti di Energia Vitale al totale: su questo aspetto si può trovare secondo me qualcosa di meglio.
Di tanto in tanto fanno capolino dei “talenti”, pensati in maniera che mi è piaciuta molto. “Spadaccino”, ad esempio, aggiunge +1 alla Forza, quando si usano in particolare le Spade, e credo che vi sia un’opzione simile per le Mazze. Talmente specifici da funzionare bene a determinate condizioni, in modo inoltre da fare il paro con il necessario numero ridotto di Oggetti di Equipaggiamento che l’eroe può portare con sè.
Durante il gioco si possono inoltre acquisire punti caratteristica speciali, e permanenti. Sono un po’ in dubbio su questo elemento, visto che l’equilibrio dei livelli di difficoltà rischia di rompersi presto. Nell’arco di un libro la differenza non si percepisce, ma se parliamo di una serie, questi bonus aggiuntivi potrebbero sballare (ulteriormente: SCHIAFF!) il bilanciamento. Non è un difetto, ma un aspetto da tenere strettamente sotto controllo.
Insomma, Umberto padroneggia il Venture System da lui creato, e questo primo librogame lo valorizza al meglio. Sono molto curioso di scoprire come sarà declinato il prossimo titolo della serie, e che soluzioni di continuità troverà il suo autore per bilanciare il volume come gioco a se stante e come numero due di una serie.
Conclusioni
Nonostante questa NON sia una recensione, mi sbilancio e arrivo a consigliare in maniera decisa questo librogame a tutti: amanti dei librogame, appassionati di giochi in generale, giocatori di Kata Kumbas vecchi e nuovi, persino chi voglia provare cosa sia un librogame per la prima volta. Regolamento semplice, narrativa ottima, avventura divertente e gioco ben congegnato. La bellezza di scheda e mappa e i giochini legati alle immagini possono inoltre attrarre anche i ragazzi più giovani, e ho sentito personalmente di diversi padri che ci hanno giocato con i propri figli: un risultato davvero invidiabile!
A questo punto non mi resta che fare a Umberto i migliori auguri per il successo di questo splendido librogame e di aspettare il secondo episodio, che so di essere già in cantiere!
Se vi ho convinto, vi invito ad accaparravi una copia de Il Cavaliere della Porta prima possibile: lo trovate anche su Amazon.it!
1 – Il libro è scritto in caratteri davvero minuscoli e il font usato non mi pare eccezionalmente adeguato: troppo asettico, poco “fantasy”.
Comunque, a parte il font, ci si perde davvero la vista sopra: fate una versione Mammuth per favore, con un carattere più grande!
La verita’ e’ che entrambi stiamo invecchiando e la nostra vista sta declinando come natura impone… 🙁
Grazie, Mauro!
SCHIAFF! =D
Sulla difficolta`, c’e` anche da dire una cosa: essendo il gioco senza dadi, il peso della conoscenza pregressa del libro e` importante. Rigiocare la seconda (o terza) volta, con caratteristiche ribassate, e` comunque falsato dall’esperienza acquisita nella prima volta.
A prescindere da questo, comunque, la filosofia che c’e` dietro al Cavaliere e` l’opposto del True Path. Volevamo dare un’esperienza di gioco che desse al lettore il piacere di esplorare le varie ramificazioni della storia. Per ogni enigma e problema esistono SEMPRE piu` soluzioni, ai lettori il compito di scoprirle…
Librogame fantastico! L’integrazione tra la scrittura e le immagini é superba!