The Builders di Daniel Polansky sarà disponibile a brevissimo in italiano grazie ad Acheron Books. Traduzione di Davide Mana (che è sempre una garanzia)!
Capitolo 1: Un topo entra in un bar
Reconquista stava pulendo il bancone con la sua mano buona quando le porte si aprirono cigolando. Strizzò gli occhi per la luce, la coda mozza che si arrotolava attorno alla sua gamba di legno. “Siamo chiusi.”
La sua ombra si stagliò impossibilmente grande dalla soglia, rotolando sulle assi storte del pavimento, ingoiando tavoli malandati e sedie rotte con la sua massa color d’inchiostro.
“Mi hai sentito? Ho detto che siamo chiusi,” ripeté Reconquista, questa volta con un tono che non si poteva scambiare per niente altro.
La sagoma si tolse il cappello e soffiò via un sottile strato di polvere dal feltro. Poi se lo rimise in testa ed entrò.
L’espressione di Reconquista cambiò, la paura dell’ignoto rimpiazzata dalla paura di qualcosa che conosceva molto bene. “Capitano… Io… non ti avevo riconosciuto.”
La penombra si contrasse nell’articolo genuino, e pareva assurdo credere che il nuovo venuto avesse ispirato un tale terrore. Il Capitano era grosso, per essere un topo, ma d’altra parte essere grosso, per un topo, è più o meno una contraddizione in termini, quindi non è che significhi granché. L’orlo del suo impermeabile sfiorava i lacci dei suoi stivali, e l’ampia tesa del suo cappello ingoiava gli angoli stretti della sua faccia. Davvero assurdo. Quasi risibile.
Quasi, ma non proprio.
Forse era la cicatrice sfrangiata che partiva dalla sua fronte e attraversava la polpa cieca del suo occhio destro. O forse era la cupezza del suo cipiglio, una cupezza che non cambiò di un capello mentre il Capitano si spostava all’interno della taverna. Il capitano era un topo, sicuro come il marmo; dalla pelliccia bianco-argentea al rosa brillante del suo naso, dalle orecchie a sventola piegate indietro sulla testa alle zampine piccole strette lungo i fianchi. Ma che fosse un roditore o un rapace, un topo o un lupo, il Capitano non era una creatura della quale si potesse ridere.
Si fermò davanti a Reconquista. Per un momento quello ebbe l’impressione che il ghiaccio che bloccava i tratti del viso del Capitano potesse sciogliersi, o per lo meno cambiare posizione. Ma era un’impressione sbagliata. All’offerta di un minimo cenno di benvenuto, il topo raggiunse un tavolo in fondo e si lasciò cadere delicatamente su una delle sedie.
Reconquista era stato un ratto, un tempo. Il lato sinistro del suo corpo ancora lo era, un solido e un po’ invecchiato esemplare di Rattus norvegicus. Ma la parte destra era un goffo assortimento di cuoio, legno e ferro battuto, un accrocchio tenuto insieme con lo sputo che imitava la sua carne perduta. In generale, lo faceva maluccio, ma non è che ci fosse una folla di alternative.
“Sono il primo?” chiese il Capitano con una voce acuta da soprano, anche se nessuno l’avrebbe descritta a quel modo davanti a lui.
“Sì, sì,” disse Reconquista, zoppicando sulla sua gamba di legno da dietro al bancone. Sull’uncino attaccato al mozzicone del suo braccio destro era appesa una bottiglia di terracotta, etichettato con tre X dall’aria sinistra. Lo piazzò di fronte al Capitano con un tonfo. “Sei il primo.”
Il Capitano fece saltare il tappo e si versò il liquore in gola.
“Verranno tutti gli altri? chiese Reconquista.
Passò mezzo secondo mentre il Capitano si riempiva lo stomaco di fuoco liquido. Poi rimise il torcibudella sul tavolo e si ripulì il muso. “Arriveranno.”
Reconquista annuì e ritornò al bancone per preparare. Il Capitano non sbagliava mai. Sarebbero arrivati anche gli altri.
The Builders
Il brano che avete appena letto viene da The Builders, un romanzo fantasy in uscita in italiano grazie alla solita Acheron Books, con traduzione del sempre bravo Davide Mana. Acheron mi ha dato l’onore e il piacere di poter leggere il romanzo in anteprima, cosa che ho iniziato a fare con gran diletto, come diciamo noi gentiluomini del secolo passato.
Però, siccome c’è una prevendita con sconto annesso, e se aspettiamo che lo finisco e vi faccio una recensione completa la promozione potrebbe decadere, ho deciso di segnarvi subito l’uscita sul sito di Acheron Books.
Devo ammettere con vergogna di non aver sentito parlare prima dell’autore, Daniel Polansky, ma conosco i miei polli e so che Acheron e Davide non tirano frecce a caso… Ho acquistato tutti i libri della casa editrice usciti finora (e farò così anche del cartaceo di The Builders) e posso dire che non ci sono sbavature nelle scelte fatte finora: ogni titolo è un piccolo capolavoro del suo genere!
Come dicevo, non ho ancora completato il libro, ma posso già farmi un giudizio abbastanza preciso.
The Builders è una storia pulp avventurosa, ambientata in una specie di mondo fantasy-western popolato di animali umanizzati. Se siete esperti di cultura “furry”, i protagonisti sono Furry Plantigrade (ovvero animali antropomorfi che camminano sulle zampe posteriori, parlano, portano vestiti e accessori da umani e usano armi – e questi le usano… oh se le usano…). Se invece non avete nemmeno la minima idea di cosa sto parlando, pensate al Robin Hood – Volpe della Disney e a tutto quel genere di cose.
Prima nota: se questa cosa degli animali antropomorfizzati vi sembra troppo folle da sostenere e non vi permette la sospensione dell’incredulità, non voglio essere io a insistere o cercare di farvi cambiare idea. Non mi venite però più a parlare di demoni, angeli, fatine, vampiri, licantropi, elfi o draghi parlanti… perchè il livello di plausibilità di queste cose è più o meno lo stesso 😉 .
Seconda nota: non avevo mai letto neanche io prima d’ora un libro di questo tipo e non sono un Furry Fan, però sono passato dalle parti de La collina dei conigli e Il regno dei gufi (che sono invece animali antropomorfizzati di genere Furry Feral) e li ho molto apprezzati, oltre ad aver scritto io stesso un librogame su un Furry Plantigrade: il sensazionale Zampalesta Scarmiglione della Malapena de Il Consiglio dei Topi: gettateci un’occhiata se vi va!
Detto questo, torniamo a The Builders: il romanzo è di fatto ironico, nonostante parli di fatti brutali e di una vendetta da portare a termine. I protagonisti sono degli ex mercenari che si imbarcano in un’ultima missione richiamati insieme dal loro Capitano. Il lettore può facilmente distaccarsi dagli eventi narrati e godersi i tanti dettagli che gli ricordano che si tratta di animali parlanti che impugnano coltelli e pistole, ma alla fine, una volta fatta l’abitudine, si seguono gli eventi in maniera appassionata e le pagine volano via una dopo l’altra.
Ci sono gli animaletti parlanti, ma non è certo una storia per bambini… anzi, i confini morali sono davvero sfumati, i doppi giochi e la violenza non mancano, e i cliché della banda di desperados pronti a tutto proseguono senza interruzione per tutto il tempo.
In conclusione, si tratta di una storia brillante, divertente, avventurosa, ben scritta e ben tradotta. Un piccolo gioiello che mi sento di segnalare e raccomandare senz’altro.
Dategli un’occhiata voi stessi e poi mi saprete dire!
La Collina dei conigli credo sia stato il primo libro “lungo” che ho letto da solo, alcuni anni fa, all’inizio delle scuole elementari…
Prima c’era stato Il gabbiano Jonathan Livingstone, ma leggevamo a turno un po’ io (brevi brani), un po’ i miei genitori (lunghi brani, anzi quasi tutto…)