Come si svolge la tipica giornata di lavoro degli scrittori italiani professionisti? Annarita Guarnieri ci racconta la propria.
Giornata di uno scrittore è il racconto che alcuni scrittori italiani hanno dedicato a Caponata Meccanica sulla propria tipica giornata lavorativa. Questa rubrica è ispirata a quella analoga del Guardian – Review. Gli autori che trovate in questa rubrica hanno fatto della scrittura il loro mestiere principale e provano a pagarci affitto e bollette; vale anche un misto di narrativa, fiction, articoli, editing, cura editoriale, conferenze e corsi di scrittura, giochi, traduzioni, sceneggiature, collaborazioni, canzoni, ghostwriting e copywriting… purché in ogni caso, sedersi al tavolo e scrivere sia il loro lavoro.
Oggi vi presentiamo…
Giornata tipo di una forzata della traduzione – Annarita Guarnieri
Molti anni fa mi sarebbero bastate poche parole per descrivere una giornata tipo, perché allora una giornata tipo esisteva: portare le bimbe a scuola, pulire casa (il tutto fino alle 11), poi tradurre fino alle 7, nutrire la famiglia, tornare al lavoro fino alle 3 o alle 4 del mattino, collassare a letto e alle 7 ricominciare daccapo.
Adesso non è più così, e non so se sia un bene o un male. Alle figlie a due zampe si sono sostituiti i bimbi pelosi a quattro (e adesso la pennuta a due), che occupano tuttora le prime ore della mia giornata. Brancolo in cucina a buttare giù un caffè, poi scatta il protocollo nutrizione gatti, seguito dall’inevitabile protocollo pulizia cassettine. A quel punto la scelta (spesso forzata) è triplice:
a) pulire casa;
b) fare commissioni;
c) mettersi al computer.
Più spesso che no (come stamattina) a) o b) hanno la precedenza, quindi in genere arrivo al computer all’ora di pranzo.
Prima di pranzo smaltisco le mail e i messaggi di FB (che uso quasi solo come messaggistica rapida di lavoro), poi scatta il secondo protocollo felino (Mic e Joria, che non stanno bene, hanno diritto al loro spuntino di carne cruda), quindi il pranzo della sottoscritta (accompagnato da un po’ di TV), e finalmente ci si mette al lavoro.
E qui scatta il busillis. Una volta, era una cosa semplice. Lavoravo solo per le Nord (e poi per Delos), quindi aprivo il file e cominciavo a pestare sui tasti. Adesso a parte le traduzioni “ufficiali” (Fanucci e a volte Urania) ho una miriade di piccoli lavori che sono alla fin fine quelli che mi tengono a galla, ed è qui che comincio a sentirmi un giocoliere che fa anche il funambolo a trenta metri da terra: prima quell’editing o la traduzione dall’italiano di quel racconto? Sì, ma sono in ritardo con quell’altra cosa. E il racconto che stavo scrivendo? E c’è quell’altra consegna…
Ci sono giorni in cui fisso lo schermo per dieci minuti prima di riuscire a decidere da cosa cominciare, e in genere smaltisco un po’ di due o tre cose ogni giorno. Oggi, per esempio, un pezzetto di un saggio che sto scrivendo a quattro mani con l’amica Adriana Comaschi, ora questa breve esposizione, poi si attacca il file di Fanucci… ah, dimenticavo, alle 6 ho una ragazza che viene a prendere ripetizioni d’inglese, come se il piatto non fosse già abbastanza pieno.
Alle sette scocca l’ora X… i gatti cominciano a ricordarmi che è ora del protocollo felino serale, e lavorare diventa impossibile con gli squali pelosi che mi camminano addosso e sulla tastiera, quindi finisco per buttare la spugna, dare loro l’agognato cibo, preparare uno straccio di cena e prendermi una mezz’oretta di riposo.
Per le nove, assonnata per la digestione e la lunga giornata (dimenticavo di dire che al mattino Loki comincia a farmi le paste addosso e a leccarmi la faccia intorno alle sei meno un quarto), mi rimetto alla tastiera fin verso mezzanotte – ah, inoltre da qualche sera è scattato anche il protocollo stufa, cioè l’accensione della stufa a legna in camera mia, che mi obbliga a controllarla e ad alimentarla in media ogni ora.
Verso mezzanotte, a volte anche l’una – dipende da quanto caffè ho ingollato durante il giorno – striscio a letto, aspetto che i felini si siano assestati sopra e intorno a me, e spengo il cervello per qualche ora.
Ovviamente, quando ho una consegna urgente, gli intervalli per rifiatare vengono drasticamente ridotti e, ahimè, la mia scrittura scompare dall’elenco delle cose da fare.