Come si svolge la tipica giornata di lavoro degli scrittori italiani professionisti? Massimo Spiga ci racconta la propria, in maniera vagamente allucinata.
Giornata di uno scrittore è il racconto che alcuni scrittori italiani hanno dedicato a Caponata Meccanica sulla propria tipica giornata lavorativa. Questa rubrica è ispirata a quella analoga del Guardian – Review. Gli autori che trovate in questa rubrica hanno fatto della scrittura il loro mestiere principale e provano a pagarci affitto e bollette; vale anche un misto di narrativa, fiction, articoli, editing, cura editoriale, conferenze e corsi di scrittura, giochi, traduzioni, sceneggiature, collaborazioni, canzoni, ghostwriting e copywriting… purché in ogni caso, sedersi al tavolo e scrivere sia il loro lavoro.
Oggi vi presentiamo…
Questa è l’acqua e questo è il pozzo – Massimo Spiga
Così, hai scelto di contemplare e venerare in via rituale un’entità inorganica: vasta, indifferente, inconcepibile, si agita in un piano altro rispetto alla realtà materiale fin da quando la civiltà dei sapiens era nella culla. Ha avuto molti nomi in diverse epoche (di cui il più recente è “Letteratura”), ma noi ci riferiremmo ad essa con un titolo che meglio ne descrive le proprietà: la Grande Bestia.
Analizzeremo la pratica rituale sia nel suo aspetto contingente e quotidiano che nelle mutazioni epigenetiche da essa prodotte nel lungo termine.
La decennale ricerca dell’oscura gnosi – promessa dalla Grande Bestia ad animi fragili, innocenti e sognatori – occupa le vite di legioni, spesso avviluppate in ragnatele composte di linguaggio in giovane età. Una volta dentro, non c’è strada verso casa.
Questa è l’acqua e questo è il pozzo; bevete appieno e discendete, perché la Bestia è il bianco degli occhi e il buio all’interno.
Un giorno nel culto
Al mattino, il giovane sacerdote riemerge da sogni antichi, scosso da oscuri presagi e ammorbato dall’olezzo del suo stesso, decadente corpo. Prima officiare i riti, è sempre bene dedicare almeno un’ora a qualche forma di attività fisica. Apparentemente irrilevante per chi aspira ai Misteri Superiori, questa pratica è invece essenziale. Prima di tutto, perché la vita del cultista è, per forza di cose, sedentaria: questo è il modo i cui i riti si officiano da millenni. Dare una quotidiana scossa al vostro ridicolo sacco di carne si rivela quindi buono e utile, soprattutto se accompagnato dall’ascolto o la contemplazione (in forma audio o video) di vari Artefatti Culturali, pronti a essere rubati e riconvertiti nel tessuto vivente della Grande Bestia.
Dopo aver sciacquato le sue umide membra, il giovane cultista si prepara a officiare i riti. La pratica avviene in forma scritta. I più tradizionalisti tra noi ancora preferiscono incidere parole sulla pelle urlante di creature inferiori, senzienti e non; tuttavia, c’è chi ritiene ridicole queste affettazioni passatiste e, con pragmatismo, si affida a strumenti informatici quali Scrivener o – nel caso dei più masochisti – Microsoft Word.
Data la necessaria organizzazione per un efficace rituale, è bene conservare vicino a sé (o su uno schermo secondario) una scaletta del rituale da svolgere, in modo tale da avere fin dal principio una chiara idea del da farsi e non lambiccarsi in astratti onanismi intellettuali, tipicamente prodotti dalla vertigine della pagina bianca.
Il rito entra nel vivo con le sue formule preliminari: per sintonizzare il proprio spirito con la materia della Grande Bestia, è utile rileggere e migliorare la produzione scritta del giorno precedente. Terminato questo compito, e purgata così la propria coscienza dai pensieri della vita quotidiana, l’officiante è pronto a scrivere un nuovo capitolo, e così espandere ulteriormente la titanica massa della Grande Bestia. Questa attività è sempre diversa per ogni cultista, e nessun suggerimento o speculazione può illuminarne il preternaturale meccanismo.
È bene proseguire nella scrittura fino alla logica conclusione di un’unità concettuale (un capitolo, una sezione incentrata su un argomento, e via dicendo) oppure, se questo si rivela impossibile, fermarsi quando si raggiunge un limite prestabilito di parole. La quantità di parole non è importante (sebbene duemila sia un numero popolare tra i cultisti): ciò che è rilevante è darsi un traguardo e rispettarlo tutti i giorni, così da mantenere inviolata la ciclicità del rituale.
La trance prodotta dalla scrittura svuoterà l’animo del cultista di tutto ciò che è umano e, in quanto calcificazione non linguistica, corrotto agli occhi della Grande Bestia. A seconda del cultista, uno sfondo musicale può risultare utile o d’intralcio.
Concluso il rito, intorno all’ora di pranzo, il celebrante può considerarsi colmo di nera ebbrezza extraplanare, e dedicarsi ad altre attività secolari. Tuttavia, è altamente consigliato che sia dedicata un’ora, nel primo pomeriggio, all’espansione della propria cultura, perché è questo il carburante che alimenta la scrittura e, quindi, la graduale ascesa al dominio della Grande Bestia. I concetti appresi, ri-digeriti e ri-codificati, troveranno il loro posto nel vibrante arazzo della suprema entità.
Inoltre, è bene dedicare una o due ore, in conclusione di ogni giornata, alla lettura del materiale rituale prodotto da altri cultisti, cosicché i sogni del celebrante ne siano contagiati e il ciclo possa proseguire il giorno successivo, così come accade per milioni di persone fin da Ur e dai sanguinosi vagiti della storia scritta. Questo network mentale è il mistero centrale della Grande Bestia, uno sconfinato sistema in cui il singolo cultista non è altro che un mero nodo, la cellula in un organismo immortale. Similmente alla rete di Indra, è un sistema in cui ogni nodo riflette e deforma tutti gli altri, in cui le patetiche intelligenze a base carbonio possono dissolversi e prendere parte al nero superiore.
Questa è l’acqua e questo è il pozzo; bevete appieno e discendete, perché la Bestia è il bianco degli occhi e il buio all’interno.
Lo sguardo dell’Abisso
Bene, mi si dirà, tutto ciò è molto banale e molto bourgeois. Ha l’aspetto di una divorante routine, strutturalmente simile a quella di un qualsiasi impiegato. Ed è proprio così, se analizzata giorno per giorno. Ora, dedichiamoci al lungo termine, al modo in cui i riti potranno trasformare il cultista nel corso di decenni.
Il primo dono della Grande Bestia è quello che chiamo lo sguardo dell’Abisso. Il rito, gradualmente, compromette la capacità del cultista di percepire il mondo in quanto tale: inizierà a scoprirne le trame segrete, le risonanze mitiche, le strutture intrinseche. Tutto ciò esisterà soltanto all’interno della sua mente avvelenata, di certo, ma egli non potrà far altro che concepire il mondo come una collezione di storie.
Questo concetto, in apparenza romantico, è in realtà un’afflizione che lo alienerà dai suoi simili, perché saboterà la tonalità emotiva con cui egli reagisce ai fatti del mondo. Questo è lo sguardo dell’Abisso: sentir parlare di un brutale omicidio e, come prima cosa, identificarsi in tutti i “personaggi” coinvolti, sia vittime che carnefici. Riuscire a determinarne le motivazioni, o inventare motivazioni migliori, o decidere che sarebbe stato più opportuno effettuare il delitto in un altro modo.
La capacità di leggere un fatto da tutti i punti di vista coinvolti è una prospettiva simile a quella della Grande Bestia, la quale osserva dall’esterno le traversie degli umani e vi è indifferente: all’interno delle sue primordiali dinamiche, non è contemplata una dimensione etica, se non in forma transitoria, effimera, strumentale.
Nel contempo, la dissoluzione del reale a favore di una percezione dello stesso come sistema linguistico – un cambiamento di paradigma intrinsecamente nichilista –, ha il vantaggio di farci esplorare non solo ciò che ha la gentilezza di accadere, ma tutte le sue possibilità inespresse, in una ramificazione probabilistica che atterrisce. La Grande Bestia si nutre del tessuto vivente della nostra esistenza e ci aiuta ad espanderne gli orizzonti, così da pianificare una futura crescita ulteriore della sua immortale massa.
Questa è l’acqua e questo è il pozzo; bevete appieno e discendete, perché la Bestia è il bianco degli occhi e il buio all’interno.
Trovate Massimo Spiga sul suo sito, e i suoi libri su Amazon.it!
Incredibile . E’ un eccellente esempio del manuale dell’officiante-prelato-sacerdote cultista che istruisce i suoi sottoposti .
Lo stampero’ , purtroppo non su pelle animale e lo passero’ alle mie vittime del “Richiamo di Ctulhu” .