Magari non succede sempre, ma spesso quando si arriva alla fine di una sessione di gioco, al termine di un’avventura di ruolo che ci ha coinvolto, colpito o semplicemente intrattenuto per qualche sera, rimane la curiosità di immaginare i possibili seguiti. Finita la partita si pensa a quello che potrebbe essere accaduto dopo, oppure alle nicchie del worldbuilding che il master non è riuscito a tirare fuori completamente. Questo è quanto successo dopo che con Ambra, Andrea, Gianmaria, Mariasilvia e Martina abbiamo sperimentato uno scenario originale del Richiamo di Cthulhu…
Passato è l’anno 1900: ora siamo uomini di progresso, e di scienza. “Il seme del diavolo è freddo”: questo è quanto ci tramanda la superstizione. Ma se in questa apparentemente puerile idiozia invece si mascherasse un dato scientifico? Darwin e il supremo Mendel ci hanno insegnato che nel succedersi delle generazioni i tratti specifici vengono trasmessi ai discendenti. E se fosse possibile estrarre questi tratti anche dalle carni morte? Non sarebbe esso quindi “seme freddo”? – Lezioni Berlinesi, Ph.D. B.Spengler Senior
I dettagli della tragica fine della spedizione, e della scomparsa di quel piccolo drappello di marinai del cacciatorpedinere Garibaldino rimasero comunque un mistero, di cui ancora dopo anni non si osava che accennare a mezza bocca, nei corridoi più protetti e riposti del Ministero della Marina.
All’epoca dei fatti, nel telegramma inviato dal Comando Navale del Mar Rosso e arrivatole in una plumbea giornata torinese del 1912, un’angosciata Carlotta poté solo leggere queste parole, tra le lacrime, prima di accasciarsi sul divano: Il sottotenente Luigi Eugenio d’Oncieu de Chaffardon risulta disperso in azione, assieme a tutti gli uomini sotto il suo comando. Nessuno dubita che abbia svolto fino in fondo il suo dovere, et i suoi militi con lui. Il Re e la Patria onorano la memoria e lo spirito di eroi par loro. Purtroppo non è stato possibile reperire i resti di alcuno ma Il Duca di Genova in persona parteciperà alle esequie solenni. Avanti Savoia!
“Bravo, piccolo”, sibilò il grande Tiliki al-Wihar, osservando il cucciolo lacerare coi denti le carni viscide che gli erano state gettate.
Per ora solo polpi albini, pescati dai loro fratelli più grandi nelle profondità, dono di Padre Dagon. Ma presto lui e gli altri giovani sarebbero stati pronti per pasti più sostanziosi.
Il Muftì della Prima Madre sogghignò tra sé, deformando ulteriormente il flaccido viso butterato. Le tribù ammassate intorno alla sacrilega tomba della Falsa Genitrice avrebbero presto conosciuto il vero terrore che dimora nell’Abisso sotto le onde.
“Sommo è il potere dell’Antica”, sussurrò devotamente.
Alcuni dei cuccioli si tenevano in disparte, mormorando tra loro con mugolii che il Muftì ascoltava lui stesso con un brivido. Essi devono essere i nati dai resti maciullati di quel piccolo padre schiacciato per primo dalle rocce, pensò: sarebbero diventati fedeli devoti.
Altri rimanevano in silenzio, osservando intorno le figure degli altri cuccioli e i nutritori che distribuivano il cibo con un’espressione che solo un ingenuo imbecille avrebbe definito di semplice odio. E si accompagnavano sempre a quegli altri piccoletti, torvi e facili all’ira: già alcuni avevano sperimentato quanto fossero rapidi e letali le loro unghie affilate quali coltelli.
Il gran sacerdote si asciugò il sudore con un lembo dell’ampio caffettano.
La profonda grotta incubatrice era più calda del deserto, e certo più umida.
“Ma questo piccolo è diverso dagli altri”, esclamò con orgoglio.
“Ha ragione, o Grande”, rispose con viscida sollecitudine il servitore al suo seguito.
Il cucciolo mostrava già, pur così giovane, tratti affilati ed uno sguardo vivido, quasi, sì, quasi nobile.
Il sangue di conquistatori e dominatori era certo l’origine di quell’ultima progenie della Stirpe, pensò, gongolando al pensiero delle stragi che si preparavano per il futuro. “Costui diventerà un capo, forse lui è l’Eletto che diverrà il nuovo Muftì”, sussurrò tra sé, osservando come tutti i piccoli dell’ultima cucciolata, quelli scuri e deformi, gli si stringessero intorno pronti ad ogni suo minimo, immondo capriccio.
“Aahhh…”, il piccolo cercava già di articolare parole, gongolò al-Wihar. E gli si avvicinò per ascoltarlo meglio.
“Ahvlghaaah..”, biascicò quello. “Svahlgha…”
“Sì, sì!”, esclamò il servitore. “Parla, piccolo Muftì!”
Ed in un lampo, il cucciolo si scagliò alla gola del gran sacerdote, azzannandolo e strappandogli la carotide in un zampillio di sangue sul quale avidi si lanciarono a bere i neri e contorti suoi seguaci.
Mentre l’ultimo rantolo del Muftì si spegneva in un gorgoglio, il servitore inorridito si ritrasse, vedendo terrorizzato come tutti gli altri della Nuova Generazione si alzassero all’unisono, come se avessero ricevuto un ordine silenzioso.
Il piccolo che aveva appena ucciso Al-Wihar alzò lo sguardo fisso e terribile verso di lui, con le zanne ancora grondanti sangue e continuando a cercare di articolare parole.
“Aaavvaaa…”, biascicò. “Aaavaan…”, per poi urlare, mentre tutti i cuccioli si lanciavano a fare a brani i nutritori della tribù Primigenia:
“Aavaantii, Savoia!”