Come si svolge la tipica giornata di lavoro degli scrittori italiani professionisti? Giovanni Melappioni ci racconta la propria.
Giornata di uno scrittore è il racconto che alcuni scrittori italiani hanno dedicato a Caponata Meccanica sulla propria tipica giornata lavorativa. Questa rubrica è ispirata a quella analoga del Guardian – Review. Gli autori che trovate in questa rubrica hanno fatto della scrittura il loro mestiere principale e provano a pagarci affitto e bollette; vale anche un misto di narrativa, fiction, articoli, editing, cura editoriale, conferenze e corsi di scrittura, giochi, traduzioni, sceneggiature, collaborazioni, canzoni, ghostwriting e copywriting… purché in ogni caso, sedersi al tavolo e scrivere sia il loro lavoro.
Oggi vi presentiamo…
Giornata di uno scrittore – Giovanni Melappioni
Ho finalmente agguantato una certa regolarità negli ultimi anni: sveglia alle sette e colazione, ogni giorno, ma proprio tutti. Mi è stato utile trovare dei ritmi e mantenerli inalterati indipendentemente dalla stagione.
Poi scrittura, sempre e ovunque. Scrivo a mano su quaderno, e lo faccio sul luogo di lavoro prima iniziare, in fila in qualche ufficio comunale, al parco mentre mia figlia gioca, a casa, la sera in giardino. Ho scritto il mio primo romanzo “L’ultima offensiva” quando lavoravo come vigilante e facevo i piantonamenti notturni, turni di dodici ore a osservare pannelli solari o dentro la centrale operativa. Non “cerco l’ispirazione” in luoghi o rituali predefiniti, credo che stia con me ovunque, forse perché l’ho abituata a seguirmi nel corso della giornata. Se c’è gente mi isolo chiudendo del tutto la mente, se sono solo non sento la solitudine. Per spiegare questa attitudine immagina un cecchino altamente addestrato: in cima a un palazzo o nella giungla è indifferente, conta solo il bersaglio.
Per la promozione mi muovo sui social: quando ho una connessione li apro per controllare se ci sono messaggi a cui devo rispondere; studio i nuovi argomenti del blog; preparo la scaletta delle pubblicazioni sulla pagina Facebook: programmo i post con almeno una settimana d’anticipo, a volte inserisco argomenti per un intero mese quando sto per cominciare un progetto di scrittura importante, così ho più tempo a disposizione nei successivi trenta giorni.
Questa parte può impegnarmi per poco tempo o buona parte della mattinata ma se dovessi fare una media direi che si tratta di almeno due ore al giorno, tutto l’anno. A quel punto mi dedico alla scrittura “narrativa”. Dal 2006 non sono mai stato senza un’opera in corso e preferisco rimanere concentrato sul testo che ho iniziato piuttosto che iniziarne altri.
Al limite quando sorge una necessità immediata – un testo su commissione o un’idea personale e fulminante – modifico momentaneamente priorità. Ok, è una deroga alla regola precedente, ma non lascio MAI due opere incompiute prima di iniziarne una terza… finora.
Compagno indispensabile un taccuino diverso per ogni storia: in esso prima divido la storia in scene, poi le scene in capitoli. Immagino quante pagine dovrà essere lungo ogni singolo capitolo e cosa accadrà ogni due, tre pagine. In alto annoto gli aspetti caratteriali o le situazioni pregresse, così da non perdere mai di vista le caratteristiche dei personaggi con il proseguire della storia.
Quando scrivo devo arrivare alle otto pagine al giorno. Di più è meglio, di meno mai. Non mi invento premi speciali per l’obiettivo, penso solo a chi lavora in manovia nelle numerose fabbriche della mia zona: non ci sono premi per lo standard quotidiano. Considero la scrittura la mia professione e in tal senso la intendo, sotto tutti gli aspetti. Il vero premio è compiere il proprio dovere.
A mezzogiorno inizio a lavorare nel ristorante di famiglia. Fino alle 15 circa sono un cameriere. Con questo secondo lavoro evito tutti gli altri che normalmente uno scrittore deve fare per rimanere tale: corsi di scrittura, editing, traduzioni, perché non sono interessato.
Ciò che mi interessa, l’unico vero amore che mi ha portato a scrivere e pubblicare, è il desiderio di raccontare storie. L’istinto di creare mondi e situazioni dentro i quali accompagnare chi vorrà seguirmi è mio da sempre. Non è un caso che scoprissi sin da ragazzino i giochi di ruolo e decidessi subito che sarei stato il Master e non il giocatore, volevo essere l’architetto, non l’eroe. Apprezzo gli autori che sono sempre in prima linea, che svolgono la loro attività a 360° divenendo tutor, insegnanti, pubblicisti e così via, ma non fa per me.
Il pomeriggio è dedicato alla vita, la palestra invisibile della scrittura. Ho una casa in campagna che dire medievale è riduttivo: io e la mia famiglia viviamo lontani da strade principali e servizi, molte cose ce le facciamo da soli e sia la parte coltivata che il bosco che ci circonda, lasciato alla sua libera natura, hanno bisogno di cure quotidiane.
La sera giunge presto, troppo in certi casi. Se ho delle scadenze scrivo, altrimenti leggo, mentre mia moglie cucina. Dopo cena leggo ancora, cercando di mantenere la media di quattro romanzi al mese, mentre i saggi per la documentazione dei miei romanzi non hanno un limite se non la necessità del momento. Dove abito non ho collegamento internet mobile e l’adsl non arriva a un Mega e mezzo. C’è poco per distrarsi e mi va bene così.