Le Mura di Cartavel e Ronac e Raila sono i primi capitoli della saga Gli Eroi Perduti di Simone Laudiero, un fantasy con splendide atmosfere mediterranee.
Maned organizzò una grande festa, la più bella che l’isola di Marghecis potesse offrire in una fresca notte di giugno. Il grande cortile quadrato della villa era attraversato da festoni di fiori, intorno a ogni fontana erano disposti cesti di frutta, dagli alberi e dal pozzo centrale pendevano i pavesi della Torre Dorata. La moglie di Maned aveva chiamato i migliori musicisti dell’isola, tre giocolieri con nastri di tessuto legati a polsi e caviglie e perfino un vecchio dai capelli bianchi che suonava una campana dei sogni. Il governatore aveva un posto d’onore sotto il portico, accanto a due delle sue sabaras, e ascoltava il recitaversi di Maned insieme ad altri notabili e alle loro mogli.
Altri sarmoriani erano seduti sulle panchine, appoggiati alle colonne decorate di maiolica. Mangiavano e bevevano, discutendo con i membri del seguito di Alamor e fumando a turno da una torrepipa cartaveliana. Noleo, Hagaraf e gli altri gressin avevano il loro angolo dove il vino e l’onocado, con il suo aroma inebriante di more fermentate, scorrevano ancora più liberi, mentre i soldati si occupavano di pattugliare la terrazza che circondava la villa.
Quando venne il momento del racconto di Alamor, Maned attirò l’attenzione dei presenti battendo le mani. Il vecchio Rassin era seduto sulla sua sedia di paglia intrecciata, la gamba sinistra adagiata su un cuscino e una ciotola di semi di zucca poggiata in grembo. La pelle nera e grinzosa, tesa sui lunghi arti magri, mandava i riflessi del legno, e un berretto di lana verde intrecciato di fili d’oro copriva il cranio calvo.
Ed ecco Alamor che si piazzava al centro del cortile, scintillante nel suo lungo abito giallo punteggiato di perle rosa e dischi neri di cressidiana. Il nuovo Rassin era alto e magro, con la pelle abbronzata, il naso pronunciato e lunghi capelli castani raccolti in un nodo sopra la testa. Gli piaceva parlare in pubblico e non sembrò avere fretta mentre ripercorreva nei minimi dettagli l’intuizione geniale che gli aveva permesso di dissotterrare il corredo funebre del Quinto Re Orchidea di Malabanissa, composto da sedici chili di paramenti d’oro e da un altare di salmarmo intarsiato di oro blu. Raila aveva già sentito il racconto la sera precedente, dalla ricerca del tesoro al suo disseppellimento, fino al ritorno a Ladwad, dove Alamor aveva donato l’intera fortuna alle casse della Torre Dorata, la grande gilda dei cacciatori Rassin che estendeva la sua influenza da Sarmora all’Impero Lucente. I vecchi Rassin avevano accettato l’offerta, e Alamor delle Cento Isole era diventato Rassin Alamor della Torre Dorata.
«Se non che del corredo di Malabanissa ho conservato qualcosa» concluse spalancando le braccia, e un servitore si fece avanti come se avesse ricevuto un segnale. Portava una scatola di legno levigato, da cui Alamor svolse una collana composta da almeno cinque dozzine di anelli d’argento e oro blu, un pezzo che da solo valeva quanto tutta la villa che li ospitava. «Questo è per voi, Rassin» disse porgendolo a Maned.
In un articolo di quest’estate, accennavo a un libro che mi ha molto colpito: Le Mura di Cartavel, di Simone Laudiero. Il volume fa parte di una minisaga chiamata Gli Eroi Perduti, che a tutt’oggi si compone solo del primo volume, Le Mura di Cartavel, e di un fascicoletto promozionale di un’ottantina di pagine (abbastanza introvabile), che racconta un breve episodio precedente al primo volume: Ronac e Raila.
Il brano che ho riportato qui in alto è preso propro da quest’ultimo e l’ho scelto per mostrare subito uno scorcio dello stile “fiorito” di Laudiero, che mi ha molto impressionato. Si tratta in generale, come già dicevo, di un fantasy italiano che risulta al contempo fresco e arioso, emozionante e originale, esotico e avvincente, immaginifico e bello da leggere, oltre che finalmente ben scritto.
Gli eroi perduti ha una impostazione high fantasy, è destinato forse a un pubblico giovane ma risulta gradevolissimo a tutte le età, e soprattutto è declinato in chiave mediterranea, in un modo che mi ha lasciato molto soddisfatto. Ho di recente pubblicato e curato (e letto) diversi racconti di genere “fantasy italico o mediterraneo”, basti pensare a Zappa e Spada, Thanatolia, Eroica e Mediterranea, ma in tutti questi casi ricadiamo in un preciso impianto heroic fantasy / sword and sorcery, spesso gretto, brutale o terreno. Qui siamo invece nei territori del fantasy più terso ed elevato, segno che le atmosfere meridionali e mediterranee possono avere diverse declinazioni.
Le vicende de Gli eroi perduti si compongono di varie sottotrame che si intrecciano attorno a personaggi giovani e avventurosi, calati naturalmente in mezzo a scenari favolosi e intrighi più grandi di loro. La scrittura di Laudiero è curata e professionale, affabulante più che immersiva (come una certa scuola moderna vorrebbe) e possiede un’atmosfera positiva e solare che ho apprezzato molto. I luoghi delle imprese dei giovani eroi (che non sono quelli perduti del titolo) ricordano una specie di ponente magico e misterioso, con richiami alle terre iberiche rinascimentali, regni d’oltremare, città antiche che torreggiano sulla costa, velieri, assedi e grandi imperi in conflitto, più vari accenni a luoghi esotici e intriganti in stile andaluso, berbero, tropicale…
In poche parole, l’inizio di una bella saga, composta da due opere che si leggono rapidamente, sia per le effettive dimensioni delle pubblicazioni che per la scorrevolezza e la fascinosità dei contenuti.
Bravo Laudiero: daccene ancora!
[…] conosciuto Simone Laudiero via internet qualche mese fa, ho letto e apprezzato i primi capitoli della sua saga sugli Eroi Perduti, gli ho chiesto di raccontarci la sua giornata da scrittore professionista (presto su queste […]