Tutti danno per scontato che qualunque deficiente che giri armato sia un avventuriero. Basta vedere qualcuno un po’ strano, una compagnia mal assortita, vesti e oggetti esotici che ecco che si punta all’avventuriero, e magari non è neppure così sbagliato. Dopotutto un guerriero non è per forza un avventuriero: se volete sentire la mia, il vero combattente gira in armatura e cavallo con la sua piccola schiera; il vero mago se ne sta nella sua torre o a fare ricerche e via dicendo.
Cos’è allora che fa l’avventuriero? Sui miei boccali sono passate molte labbra, becchi, zanne: abbastanza da farvi passare la sete e da dare a me la possibilità di rispondere. L’avventuriero è colui che va all’avventura e sa gestirla. Perché capiamoci, un conto è combattere in guerra in schieramento, un altro è dover attraversare un bosco, una palude, una montagna, poi infilarsi giù in una segreta dopo aver fatto ricerche su quel che ci potrebbe attendere. Capite? Un guerriero regolare probabilmente nemmeno arriverebbe a destinazione. Un avventuriero probabilmente ha il cavallo giusto, vestiario e corazze adatte per le situazioni, sa procacciarsi il cibo e organizzarsi rifugi strani là dove una tenda non è gestibile. Chi è il più forte, tra l’uomo “a ruolo” e l’avventuriero? Chiunque ne capisca un minimo di strategia ride a questa domanda: non vince mai il più forte, ma chi ha le carte in regola per gestire la sfida del momento di solito la scampa.
Quindi pensateci bene: siete avventurieri o avete bisogno di chi sappia andare all’avventura?
Dopo i Venturieri della Notte mi considero piuttosto competente. Prendiamo come esempio l’Itlia medievale, ma lo stesso discorso varrebbe anche per i mondi fantastici con nani, elfi e orchi.
Ogni città o ogni signore di una certa importanza ha le sue truppe: non grandi eserciti permanenti, solo imperi come quello romano o quello cinese potevano permetterseli. Sono piccole armate composte da due categorie di guerrieri: i milites e i coscritti. Milites sono coloro che possono permettersi armatura completa e cavallo. Di solito vassalli del signore o magnati della città. I pedites o coscritti sono chiamati a un numero fisso per contrada, hanno un rudimentale addestramneto alla guerra e devono potersi provvedere almeno di scudo, lancia e zuppone di cuoio. A livello più basso ci sono gli zafones o scherani, armati alla rinfusa e dediti al saccheggio, provenienti dagli strati più bassi della società. Poi nei secoli XII e XIII si reclutavano nei momenti gravi piccoli gruppi di venturieri erranti. Se potevano pretendere un ingaggio era appunto perché, conducendo vita irregolare e vagabonda, erano preparati a combattere con armi diverse (anche insolite) e capaci di affrontare situazioni che un miles cittadino o di corte non avrebbe potuto fronteggiare. Attenzione non parlo delle GRANDI COMPAGNIE che sono proprie del Tre e Quattrocento, epoca in cui peste, carestia e la guerra interminabile dei Cento Anni costrinsero migliaia di nobili e contadini a improvvisarsi soldati. Le prime bandiere di venturieri erano piccole, agili, specializzate: cavalieri e arcieri, a volte ex crociati, spinti dalla voglia di fare fortuna o anche solo di girare alla ventura.