In un articolo su DM Magazine 27 è apparsa una disamina dettagliata del Gioco di Ruolo Chivalry and Sorcery Light, nella sua versione italiana. Dopo la prima parte della recensione, ecco un commento e le conclusioni.

Nonostante il gioco non si presenti male alla prima occhiata, alcune piccole incongruenze e fastidiose imperfezioni saltano presto all’occhio. Ad esempio, la sezione centrale (che contiene l’avventura introduttiva, una piccola mappa e le schede dei personaggi già pronti) sembra essere inserita al centro del fascicolo per essere staccata e pronta da usare, visto che interrompe il normale scorrere dei paragrafi. Tuttavia questa intelligente trovata non funziona alla prova pratica, perché staccando le pagine si portano via anche delle facciate di altri capitoli.

Le schede sono poi diverse tra il verso e il retro, quindi andrebbero fotocopiate selettivamente invece che staccate. Un piccolo difetto di impaginazione che tutto sommato non è poi così grave.

Imperdonabile è invece la inaudita scarnezza dell’avventura introduttiva, talmente semplificata e banale da essere imbarazzante. Comunque inadatta a giocatori con un minimo di esperienza sulle spalle e incapace di sostenere il minimo confronto con qualsiasi avventura seppure introduttiva chiunque abbia mai letto.

 

Anche il sistema di gioco è abbastanza ostico da assimilare, complesso e contorto. Perfino di fronte alla volontà del lettore più disponibile e curioso, la creazione del personaggio e la risoluzione delle scene di combattimento potranno sembrare un muro inesplicabile.

Il sistema è alla fine un D100 con diverse varianti (anche interessanti) ma si riesce a comprenderlo solo dopo uno studio attento e dopo aver sfrondato il testo di tutta la sua verbosità e complicatezza. Le procedure di creazione del personaggio appaiono estremamente antipatiche e ridondanti, mal espresse e cervellotiche. Il risultato finale potrebbe anche essere “realistico” e dettagliato, ma sinceramente non offre un buon approccio al gioco l’utilizzo di formule complesse come questa:

Punti Corpo = Corporatura + Costituzione + (Forza/2 – arrotondato per difetto) + (3 x livello nell’abilità Robustezza fino ad un bonus massimo pari alla COS)

Stessa cosa penso di poter dire per l’abuso di tecnicismi forzati:

 

Il bonus complessivo in un’abilità che possiede un personaggio si chiama Fattore di Abilità Personale (FAP) e, aggiunto alle Probabilità di Successo Base (PSB) nell’abilità, dà luogo alla Probabilità di Successo Totale (PST).

Come si fa in questo modo ad attrarre neofiti, curiosi e casual gamer? Facile immaginare che questo approccio li faccia scappare a gambe levate e scoraggi anche i giocatori più scafati, per non parlare dello stile di scrittura appena sufficiente e dei numerosi tentennamenti lessicali.

Anche il voluto “realismo” delle regole, come spesso succede con un elemento tanto aleatorio, finisce per diventare solo un complicato ed esagerato livello di dettaglio. Un sistema che è riuscito ad evitare questo effetto è oggi RoleMaster, ma si tratta di un riferimento ideale, purtroppo qui a malapena sfiorato. Rendere complicata una cosa semplice è sempre un disvalore, specie se poi l’effetto “realismo” viene inteso solo come il proliferare di calcoli complessi e variabili che allungano e rallentano il gioco.

 

La critica continua con altre due note dolenti. Innanzitutto, non esistendo un’ambientazione accennata (in questa versione “light”) non si capisce bene com’è fatto il mondo di gioco.

É l’Europa medievale? E se sì, di quando e di dove?

Ci sono esseri fantastici e magia, quindi è fantasy?

O è un “medioevo fantastico”?

Questa mancanza di riferimenti non si sconta tanto nella mancanza di mappe e descrizioni geografiche, quanto nella totale assenza di un qualsiasi flavour di gioco. Mancano insomma il “colore” e la “riconoscibilità” del gioco, una qualunque nota caratteristica che lo distingua da qualsiasi altro, a parte le regole. Se il fine di questa edizione è “avvicinare i giocatori alle pubblicazioni più corpose”, l’obiettivo non sembra affatto raggiunto.

Non c’è molto di affascinante in questo fascicolo, solo l’arida estensione di un regolamento già macchinoso anche nella sua versione “light”, che non invoglia molto ad approfondire l’argomento.

 

Altro grande problema sono alcune scelte di traduzione. Praticamente tutte le decisioni spiegate nella prefazione sembrano poco “furbe” a livello tecnico e di immagine. Una delle trovate più discutibili è per esempio la traduzione di Witch, un termine semplicissimo e pacificamente evocativo, che poteva essere reso senz’altro con Strega-Stregone, in un richiamo lampante a una familiare figura “medievale”. Invece, Witch è diventato “Selenide”, in nome di una sensibilità alla luna dei Witch e della neutralità di genere del termine. Per salvaguardare una supposta aderenza al testo originale si sono ingiustamente sacrificate l’immediatezza e la riconoscibilità dei nomi.

I termini tecnici sono allo stesso tempo tutti scabri, asettici e poco evocativi. Un altro peccato.

A conclusione di questa recensione non certo positiva, il giudizio non può che essere di stroncante bocciatura. Che i difetti siano insiti nella versione italiana, nella versione light, nella terza edizione o nell’intero gioco questo non è facile dirlo. Quello che invece è facile attestare è che questo fascicolo in italiano non sembra affatto un gioco stimolante e piacevole da provare, giocare o consigliare.

Per struttura regolistica e approccio, questo gioco richiama RoleMaster, con il quale è sicuramente paragonabile. Tuttavia questo stesso confronto non lascia spazi a Chivalry&Sorcery Light, che arriva decisamente ultimo in questa come in qualsivoglia altra sfida.

 

Mauro Longo
Mauro Longo
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