La rubrica “Il Codice Cariddi”, appare dal 2007 sulla testata Ufficio Spettacoli, per indagare e raccontare segreti e misteri della Sicilia e in particolare del suo settore nord-occidentale: Messina, lo Stretto, le Isole Eolie, il Valdemone. I testi sono completamente rivisti rispetto all’originale, a seguito di studi successivi e dell’esigenza di una coerenza di temi e stile propria di una pubblicazione più matura.
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Una congrega di misteriosi individui era diffusa in passato sul territorio siciliano.
Erano i “ceràoli”: membri inquietanti di strane famiglie, che avevano il potere di incantare i serpenti (inciarmari), predire la sorte, infliggere e rimuovere fatture e jettature, guarire uomini e animali e compiere altri simili prodigi. Soprattutto, i ceraoli erano serpari, immuni al veleno e in grado di salvare persone avvelenate e tarantolate. Portavano i loro serpenti in delle scatole di legno appese al collo e li tiravano fuori nelle piazze in cui giungevano, brandendo in mano rettili velenosi con tipico stile da imbonitori e ciarlatani.
Per questo motivo, essi venivano inclusi nel novero dei girovaghi, zingari italici che giravano per le campagne e i villaggi portando le loro arti di paese in paese, sempre relegati ai margini della civiltà, nel mondo misterioso dei vagabondi e dei forestieri.
Ma essi erano di più: figure segnate da un destino che ha radici antiche e sconosciute.
La parola “ceràolo” deriva dal francese antico charaude e significa essenzialmente “incantatore”, così come dal francese charme deriva la loro magia di inciarmaturi. Si diceva avessero sul corpo il marchio del serpente e uno studio dei secoli scorsi riporta come i loro poteri fossero ben documentati e si trasmettessero per linea maschile di generazione in generazione.
Parlando di se stessi, i ceràoli affermavano di essere della “Stirpe di San Paolo”, il santo che secondo le tradizioni devozionali domina e ammansisce i serpenti.
Appaiono accenni a queste figure nei poemi cavallereschi rinascimentali e perfino nei testi classici, ma essi sembrano provenire da prima dell’inizio della storia e avere origine nelle profonde foreste dell’entroterra italico.
Era lì infatti che si adorava Angizia, la dea silvana dei serpenti e della guarigione, i cui devoti si dispersero poi per tutta Italia, divenendo così diffusi anche in Sicilia.
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