Il 28 Dicembre la Chiesa Cattolica ricorda la Strage degli Innocenti.
All’alba di quel giorno, nel 1908, la terra e il mare si aprirono e distrussero Messina.
Nella livida aurora, sotto un cielo plumbeo di polvere, cenere e fumo, Messina era (nelle parole di un testimone) “un’enorme, mostruosa e irregolare cava di pomice, desolata e cinerea”, i palazzi sembravano azzannati “dalle mandibole immani di un mostro”.
Per terra, tra le rovine, vi erano sparsi cadaveri senza numero.
Una densa foschia fumigante, mai vista prima e impenetrabile a qualsiasi luce, si riversò ribollente sulla città. Il crepitio degli incendi e dei crolli, le grida dei sepolti vivi, i lamenti dei morenti e dei disperati erano i suoni del mattino. Qualcuno affermava di avere visto in cielo un’aurora boreale e una pioggia di stelle cadenti, oppure, per le strade e nella nebbia, roghi di gas incendiato e lampi elettrici.
Non avendo più Messina linee telegrafiche, la prima segnalazione partì alle 09:10 dalla prefettura di Catania, città che non subì gravi distruzioni: “Popolazione impressionatissima … Danni ai fabbricati ma senza disgrazie“.
La seconda partì da Scaletta Zanclea, raggiunta a piedi in una marcia di alcune ore da tale Antonio Barreca, che, sconvolto riuscì a trasmettere due sole parole: “Messina distrutta“.
Terzo e ultimo telegramma venne nel pomeriggio dal tenente di vascello Belleni, comandante della torpediniera Spica: “Messina e Reggio non esistono più”.
Isolate dal resto del mondo, in balia di razziatori e militari stranieri, abbandonati dal governo Giolitti, mentre le esalazioni della decomposizione di decine di migliaia di morti si sollevavano e una pioggia incessante le ricacciava in terra, anime in pena si aggiravano tra le macerie, desolate, affamate e febbricitanti.
E intanto fuochi naturali o dolosi si accendevano ovunque e il mare rigettava sulla riva i corpi degli annegati. I medici dell’epoca raccontano di come la maggioranza dei sopravvissuti fosse impazzita, temesse sopra ogni cosa l’acqua e cercasse in diverse occasioni di allontanarsi dal mare e gettarsi nei fuochi.
Fermata, una vecchia dai capelli bianchi e dagli occhi sbarrati rivelava ai soccorritori la sua età.
Diciassette anni.
Il terrore che viene dal profondo
I figli del terremoto
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