Antilia, L’Isola Perduta, è un luogo favoloso che si sarebbe trovato oltre le Colonne d’Ercole, forse una porzione o una reminiscenza dell’altrettanto mitica Atlantide. Una spedizione sta per partire alla scoperta di questo mistero, sulle tracce di San Brandano…
…Come dire che dall’Irlanda sto per andare una settimana in ferie a Lanzarote, nelle Canarie. Ma visto che le Canarie sono connesse al mito di Antilia e che il viaggio di San Brandano comincia proprio dalla regione dell’Irlanda in cui vivo, ecco che tutto nella mia mente si ammanta di avventura in stile Indiana Jones and the Fate of Atlantis, Tomb Raider o Uncharted…
Inoltre, Antilia è il setting del mio mai-finito-e-che-mai-finito-sarà gioco di ruolo, con il nome in codice di Isola Perigliosa e il mito di San Brandano ne è una parte fondamentale, così che di questo viaggio vorrei fare un’esperienza quanto più avventurosa possibile, secondo i canoni mai-finiti-e-che-mai-finiti-saranno dell’altro mio progetto Avventura Urbana.
Ecco quindi che tra un borsone e un set di vestiti da trekking della Decathlon trovo il tempo di inserire alcune citazioni sul tema, che possono dare un punto di riferimento su questa “missione” (il grassetto è mio).
Informazioni a disposizione dei Giocatori
“Infatti, di fronte alla Libia sta un’isola di notevole grandezza, e posta com’è in mezzo all’Oceano è lontana dalla Libia molti giorni di navigazione, ed è situata a occidente. La sua è una terra che dà frutti, in buona parte montuosa, ma in non piccola parte pianeggiante e di bellezza straordinaria. Poiché vi scorrono fiumi navigabili, da essi è irrigata, e presenta molti parchi piantati con alberi di ogni varietà, ricchi di giardini attraversati da corsi d’acqua dolce…La zona montuosa presenta foreste fitte e grandi alberi da frutto di vario genere, e valli che invitano al soggiorno sui monti, e molte sorgenti. In generale, quest’isola è ben fornita di acque dolci correnti (…)
I Fenici, dunque, mentre esploravano, per le ragioni sopra citate, la costa al di là delle Colonne, navigando lungo la Libia, furono portati fuori rotta dai venti, a grande distanza nell’Oceano. Dopo essere stati esposti alla tempesta per molti giorni, furono portati sull’isola che abbiamo citato, e una volta constatata la sua prosperità e la sua natura, ne resero nota l’esistenza a tutti gli uomini.”
Da Biblioteca Storica (V 19-20) di Diodoro Siculo
“Il termine Macaronesia (in spagnolo Macaronesia, in portoghese Macaronésia) è un nome collettivo moderno utilizzato per indicare diversi arcipelaghi dell’oceano Atlantico settentrionale situati al largo delle coste africane. Le isole della Macaronesia fanno parte di Portogallo, Spagna, e Capo Verde. Il nome Macaronesia deriva dal greco μακάρων νῆσοι (makarōn nêsoi) e significa Isole dei beati, espressione utilizzata dagli antichi geografi greci per riferirsi ad alcune isole che si trovavano al di là dello Stretto di Gibilterra. In tali isole, dette anche Isole Fortunate, si riteneva che fossero accolti dagli dei gli eroi e i mortali di natura straordinaria.
Le isole della Macaronesia sono di origine vulcanica, e si pensa siano il prodotto di alcuni punti caldi geologici.
Il clima delle isole varia da subtropicale a tropicale. Le Azzorre e Madeira hanno generalmente un clima più fresco e piovoso rispetto alle Canarie e a Capo Verde.
Le isole hanno una biogeografia unica e ospitano alcune distinte comunità di animali e piante. Nessuna delle isole macaronesiane ha mai fatto parte di un continente, così che le piante e gli animali qui presenti non hanno potuto raggiungere le isole che attraverso una dispersione a lunga distanza. Le foreste di Alloro, chiamate laurisilva, coprivano un tempo gran parte delle Azzorre, Madeira, le Selvagge, e parti delle Canarie. Queste foreste assomigliano a quelle antiche che coprivano il bacino del mar Mediterraneo e l’Africa nord-occidentale prima dell’aridità e del freddo delle ere glaciali.
La Macaronesia comprende attualmente Canarie, Azzorre, Madera e Porto Santo, Isole Deserte (!), Isole Selvagge (!) e Arcipelago di Capo Verde.”
Da Wikipedia
“Il capitano Pedro di Medina, nel suo viaggio intitolato Grandezas de Espana (cap. 52, p. 47), dice, che non lunge dall’isola Madera, erane un’altra chiamata Antilia, la quale più non vedevasi, ma che avevala scorta sopra una carta marina anticamente delineata; ed il Viera (totn. I, p. 90 ) racconta, che alcuni Portoghesi abitanti dell’isola di Madera, vedevano in verso ponente terre alle quali non poterono approdare giammai malgrado le spedizioni tentate per riuscirvi; e che da ciò venne il costume di rappresentare nelle carte, che in quel tempo delineavansi, alcune nuove isole ne’ nostri mari, specialmente Antilia e San Borondon. Quest’ultima, che trovasi segnata nel globo o mappamondo costrutto a Nuremberga nel 1492 da Martino di Bebcm, è situata a libeccio dell’Isola del Ferro, mentre quelle del Capo Verde vedonsi interposte fra essa ed Antilia.”
Dalla Raccolta di viaggi dalla scoperta del nuovo continente di Francesco Constantino Marmocchi
“Riporta questo Geografo Norimbergliese, l’istoria favolosa dello scoprimento dell’Isola Antilia. Secondo ciò che narra, un Arcivescovo di Porto nell’anno 754 di nostra salute, allorché gli Arabi conquistarono le Spagne, ivi si refugiò con altri sei vescovi ed alcuni Cristiani. Soggiunge, che un navilio spagnuolo vi si accostò più d’ogni altro nel 1414. (Murr Hist. Dipl. di Mart. Behaim p. 158) Se vero o falso sia il racconto, sarà difficile l’appurarlo. Forse questo Arcivescovo approdò ad una delle isole Azoridi, di ciò rimase la tradizione, ma si perde la cognizione della vera posizione dell’isola. Correva voce però, che in mezzo all’Oceano verso ponente eravi un isola, che servi d’asilo ad alcuni profughi Portoghesi e su questa asserzione fondò il suo sistema il Toscanelli.
Il Behaim segnò quell’isola un poco a tramontana del Tropico del Cancro, e sotto i paralleli che passano fra le Canarie e le isole di Capo Verde, alquanti gradi a ponente di queste. Ciò che dice il Behaim del vascello Spagnuolo, che più d’ogni altro si avvicinò a detta isola significa che il medesimo s’ingolfò nell’Oceano per ponente più d’ogni altro, di cui si avesse memoria . Dietro queste tradizioni o vere o favolose, ma credute autentiche dal Toscanelli e dal Colombo, è naturale, che il secondo nel corso della sua prima navigazione per discuoprire, desse nome Antilia, che tanto significa quanto isole opposte – o a confine di altre (Murrl c. p. 22.) a quelle in cui primieramente s’imbatte nel mar d’America. E qui siami permesso l’osservare che non poté essere che l’amore del maraviglioso, a cui tanto è proclive l’uomo, che potesse far credere che le Antille attuali fossero conosciute innanzi il primo viaggio del Colombo. A dimostrare erronea tal congettura, basti il riflettere che la voce Antilia è Spagnuolo o Portoghese, e non già Americana. Sarebbe da torre la gloria al Colombo dello scuoprimento, se innanzi la prima sua navigazione fossero stati noti i veri nomi Americani di quelle isole. (…) Il Sig. Buaclie ha dichiarato con gran sagacita e dottrina (Mem. de l’Insl. t.vi. ) che l’Antilia, di cui si fa menzione dai Geografi dei secoli di mezzo non appartiene al gruppo delle Antille Americane, ma ch’era l’isola di S. Michele delle Azoridi (Zurl. Disser. t. ii. p. 554. ). Su più favolosi racconti era fondata l’esistenza dell’Isola di S Brandano…”
Dal Commento al Milione di Marco Polo
“Da quivi trapassati in altra isola quasi maggiore, vidono venirsi all’incontro sul lido moltitudine grande, huomini et donne, che quasi tutti erano nudi. Alcuni che pareano più alti vestivano pelli caprine tinte di giallo, et di rosso, e, secondo parea di lungi, morbidissime e dilicatissime, cucite con assai artificio di corde de’ budelli; e come poteasi cognoscere dagli atti di loro mostravano avere un principe, che riverito era da tutti et honorato. Quella moltitudine di giente mostrava desiderio di avere abboccamento et commercio, et trattenersi con que’ di sopra le navi. (…) Entrati dentro nelle case viderle fabricate di pietre quadre con arte maravigliosa, e con legni grandissimi et bellissimi ricoperte: et perchè trovorno le porte serate, e vollero vedere come dentro fossono, quelle infransono co’ sassi et aprironle; per che gli abitatori che erano iti via, sdegnatisi empiero di grandissime grida que’ luoghi; all’ultimo rotte le porte quante n’ebbono trovate, entraro per le case, dove non altro era che fichi secchi, buoni che pareano di que’ da Cesena, entro a sporte di palma, et frumento assai più bello che ‘l nostro, havendo li grani più lunghi et grossi, et sendo anche più bianco; et similmente dell’orzo, et altre biade di che quelli habitatori viveano. Le case fatte, com’erano, di pietrami bellissimi, et di bellissimi legni, erano dentro imbiancate che pareano di giesso. Vidono anche una chiesuola, dove pittura non era, nè altro adornamento, fuori di una statua di pietra avente la imagine d’huomo con una palla in mano; coperte le vergogne con brache di palma secondo l’uso degli habitatori di quel paese, e la tolsono, e caricatala sulle navi la portaro a Lisbona. È questa isola ripiena d’habitatori, et benissimo coltivata, et vi ricolgono grano, biade, frutta, e più di qualunch’altra cosa, fichi. Il grano et le biade sono manucate da loro od a modo degli uccelli, od in farina, che mangiano senza pane farne, et beono acqua.
Partendo i marinai da questa isola, et vedutene altre in lontananza, quale di V miglia, quali di X o di XX, o di XL, andaro ad una terza isola, dove non trovaro altro che alberi altissimi e diritti inverso del cielo; di quivi passati in altra, viderla abondare di rii et acque bonissime, et di legnami et di palombi che uccideanli con sassate, o con bastonate, et poi mangiavanli; dicono quelli essere più grandi de’ nostri, ma uguali al gusto, o migliori; et trovaronvi ugualmente de’ falconi, et altri uccelli che vivono di rapina. Ma per queste isole non molto vagarono, vedutele affatto diserte; niente dimeno vidono dirimpetto un’altra isola dove pareano grandi montagne petrose, e la maggior parte di nugoli sempre coperte con ispesse pioggie, ma che a tempo sereno mostrava d’essere bellissima, e a parere de’ risguardanti habitata; e dopo quella passarono ad altre isole molte, quali habitate, quali no, XIII di numero; et quanto più innanzi andavano tante di più ne vedeano, presso delle quali era il mare tranquillo più che non è tra noi; trovaronvi un fondo molto adatto per le ancore, et sebbene con porti non molti; tutte abbondanti di acque. Cinque di quelle isole viderle habitate; delle altre XIII alle quali giunsono ne trovaro molte non havere habitatori, nè ugualmente quelle sono habitate; ma quali più, quali meno. Et oltra di ciò essere infra loro per li idiomi diversi sì che non intendonsi le une coll’altre, et niuno ha navi, od altro arnese per far lo passaggio d’una in un’altra isola, ma vannovi a nuoto.
Trovorno anche un’altra isola, dove non vollero calare, perchè agli occhj di loro apparve una certa maraviglia. Dicono che vi è uno monte altissimo, a stima XXX miglia, et anco di più, che vedesi molto di lungi, et sulla vetta vi appare un certo biancore; e tutto il monte è sassoso; quello biancore ha sembianza d’una rocca, nè è rocca: ma lo credono un sasso acutissimo, di cui sulla vetta sia un albero della grandezza dell’albero di qualche nave, cui stia appesa un’antenna con vela di grande nave latina a simile d’uno scudo spianata, che tratta in aria per li venti distendesi molto; e quindi sembra poco a poco ribassarsi, e poi di nuovo rialzarsi l’albero simigliante a quello di una grossa nave, et così continuamente di nuovo.
Girando attorno dell’isola, da ogni lato vedeano accadere lo stesso; lo che stimando essere per virtù d’incantesimo, non ebbono ardire di scendere in quella isola.
Molte altre cose trovorno che il detto Niccoloso non volle raccontare. Pare solo quelle isole non essere ricche, imperciocchè i marinai appena poterono ripigliare le spese dello viatico. Erano i quattro homini che condussono, della etade senza barba, et di bello sembiante, portavano brache, fatte così: haveano ricinta a’ lombi una corda, dalla quale pendeano fila di palma spesse, o di giunchi da uno e mezzo a due palmi al più, et per esse cuopriansi le vergogne di innanzi et di dietro, se non che il vento od altro le inalzasse; non sono tonduti, et hanno lunghi et biondi i capelli sino quasi all’umbilico: cuopronsi di questi, et camminano a piedi nudi. La isola d’onde furono tolti ha nome Canaria, la più abitata delle altre; nè possono intendere idioma nessuno, essendo stato parlato loro con diversi; in statura non passano la nostra; sono membruti, animosi et forti, con intendimento grande, come se ne può fare giudicio. Parlano con loro per accenni, et essi per accenni rispondono a maniera de’ mutoli; hannosi rispetto tra loro, ma particolarmente verso di uno de’ loro; et ha questi brache di palma, et li altri hannole di giunchi tinte di giallo e di rosso. Cantano dolcemente e ballano a maniera quasi fussono franciosi; sono giulivi et svelti, et assai dimestici più che molti spaniuoli non sono.”
“O santo padre, entra tosto in nave e i vostri frati empiano i vaselli d’acqua della fontana, e a questa volta io voglio essere vostro compagnone e meneròvi in quella isola là dove bisogna d’andare, ché sanza me voi non potete ben trovare la […] verità, terra di promissione de’ santi; in verità ch’io so bene che piace a Dio ch’io venga con voi ora per dirvi e’ fatti e lle condizioni del luogo e per menarvi di qua e di là per quello Paradiso prezioso delle dilizie el quale Dio ordinò in terra nel mezzo del mondo e feciolo per uno giardino de’ suoi amici, e nel cominciamento del mondo e’ v’allogò dentro Adamo, el primo uomo, e fello signore di tutto ciò che v’era dentro accetto d’uno albero che v’era dentro lo quale e’ voleva per sé, tanti ve n’aveva degli altri che ben poteva lasciare stare quello, ma no ‘l fe”.
E avendo detto lo procuratore queste parole, l’abate entra in nave con questo uomo e con tutti i suoi frati; e entrando in nave, tutti gli uccelli grandi e piccoli vennono a lo lito, altri andavano vo[land]o di qua e di là, altri istavano in su gli albori, altri stavano in terra, ed eravene d’ogni [m]ani[er]a, e tutti cominciano a cantare maravigliosamente onde per quello canto tutti si ralegrarono e consolati si partirono dalla riva. E bbono uomo gli dice de levare la vela e: “Andiamo tosto via in buona ventura”. (…)
Essendo San Brandano con tutti i suoi frati in quella bella isola co ‘l procuratore, e’ trovano ass[ai] cose e grande multitudine tutte belle e strane [e] divise sì forte dall’altre che tra noi nonn-è niuna persona che udirlo dire mai lo credesse: e’ truovano una strada molto bene lavorata e nella strada dimolte grande e belle pietre preziose di diverse maniere e di diversi lavorii molto divisati; questa strada era lunga per ispazio d’un miglio e era fossa da ogni lato della via, e in questi fossati erano rane molto belle pe lla varietà che aveva le sue pelle, quelle rane cantavano ordinatamente e bene un canto dolce e soave e dilettevole a udire. Le erbe che erano in quel luogo erano tanto belle e
sì dilettevole a vedere e olorose che pari di quele non si potrebbe trovare; gli alberi di quella contra[da] erano grandi e freschi e belli più che gli altri alberi, sempre stavano caricati di fiori e di frutti molto begli e olorosi e saporiti, ed erano di molte maniere e divisati l’uno dall’altro; ed eravi uccelli di diverse maniere molto belli da vedere, e cantavano maravigliosamente bene. Queste cose e dell’altre v’erano assai per apresso di quella bella via sicché beato a quello che lla abita. (…)
E oltra questo ponte si era uno castello molto bello e molto bene murato d’intorno di pietre preziose tutte chiare come oro, ed eravi torri e torricelli tutti molt[o] ben fatti. Le porte […] mezzo d’oro e mezze d’ariento ed eravi dentro la[vora]te dimolte pietre preziose nobilmente lavorate; le vie d’intorno e lle case comunali e palagi grandi molto ben lavorati dentro e di fuori che sarebbe cosa impossibile a ddirlo, e ciascuna aveva di queste case compiuta masserizia dentro. In quel castello nonn-era niuna persona ma sì pareva che fosse abitato, e San Brandano domanda lo procuratore come aveva nome questo castello ed egli rispuose che aveva nome Bel Vedere. E’ vasellame che era dentro erano di finissime pietre preziose, e in quello castello si era uccelli dimestichi e salvatichi e d’ogni maniera e di buoni cantatori, ed eranvi in gran quantità e dimolte altre belle cose assai.
E così stette Santo Brandano quaranta dì navicando e cercando quelle riviere co ‘l procuratore che non lasciò partire; e in capo di quaranta dì lo fece partire.
Dalla Navigazione di San Brandano
“L’isola paradisiaca visitata da San Brandano lasciò di sé lungo ricordo e vivissimo desiderio. Durante tutto il medio evo, e per buon tratto di tempo anche dopo, si credette generalmente e fermamente alla sua esistenza. Nelle carte essa fu molte volte indicata, sebbene con differenze grandi, e naturali, di luogo. Quelle più antiche le assegnano presso a poco la latitudine dell’Irlanda, o una latitudine anche più settentrionale; nelle più moderne l’isola scende verso Mezzodì, e appare a ponente delle Canarie, o isole Fortunate, e con queste, facendosene d’una parecchie, è confusa talvolta, o col gruppo di Madera.
Così nella mappa dei Pizzigani, ove si vedono nel mare occidentale le ysole dicte Fortunate S. Brandany, e San Brandano in atto di stendere le braccia verso di esse; così in quella di Grazioso Benincasa, ove pur compajono le Insule fortunate sancti Brandani, e in quella del Genovese Beccaria. Il Maurolico nel Martyrologium, e Onorio Filopono nella Navigatio in Novum Mundum, affermano che San Brandano approdò alle Canarie.
Nel globo di Martino Behaim, dei 1492, l’isola meravigliosa è situata assai più verso Occidente e in prossimità dell’equatore. Gli abitanti delle isole di Madera, di Palma, di Gomera e del Ferro, ingannati da nubi, o dagli spettri della FataMorgana, credevano talora di scorgerla dalla parte di Occidente, come perduta fra l’acqua e il cielo. E già essa aveva preso il nome d’Isola Perduta, Insula Perdita, e dicevasi, con qualche reminiscenza forse dell’απρόσιτον νήσον degli antichi, che quando si cercava non si trovava. Nella Image du monde si legge:
Une autre ille est que on ne puet
Veoir comme on aler se veult,
Et aucune fois est veue:
Si l’appelle on l’Ille Perdue.
Celle ille trouva sains Brandains,
Qui mainte merveille vit ains.
Ma quest’Isola Perduta, visitata da San Brandano, non si diceva poi che fosse il Paradiso terrestre. Onorio d’Autun l’aveva descritta come la più amena e la più fertile di quante ne sono in terra: «Est quaedam Oceani insula dicta Perdita, amoenitate et fertilitate omnium rerum prae cunctis terris praestantissima, hominibus ignota. Quae aliquando casu inventa, postea quaesita non est inventa, et ideo dicitur Perdita».
Rodolfo da Ems dice che l’Isola Perduta è il più bel paese del mondo, dopo il Paradiso terrestre, e che San Brandano v’andò, der wunderliche gotes degen; ma a nessun altr’uomo fu più conceduto di ritrovarla.
Pietro Bersuire riferisce questa stessa immaginazione alle Isole Fortunate, così dette da alcuni «quia casu et fortuna quandoque reperiuntur; si autem a proposito quaerantur, raro aut nunquam inveniuntur». In un trattato dell’arte di navigare di Pietro di Medina, autore spagnuolo del secolo XVI, l’Isola Perduta si confonde con la famosa Antilia, da cui venne il nome di Antille.
L’Isola Perduta e introvabile fu cercata da molti, specie dopo che la scoperta del Capo di Buon Speranza e dell’America ebbe acceso negli animi la febbre delle remote esplorazioni; e qualcuno pretese anche di averla trovata. Ad ogni modo era comune speranza che dovesse, un dì o l’altro, ritrovarsi; e quando, il 4 di giugno dei 1519, Emanuele di Portogallo rinunziò alla Spagna, col trattato d’Evora, ogni suo diritto sull’Isole Canarie, l’Isola Perduta, o Nascosta, fu espressamente compresa nella rinunzia. Nel 1569 Gerardo Mercator segnava ancora sulla sua mappa l’isola misteriosa, e nel 1721 partivano in traccia di essa gli ultimi esploratori.
La leggenda di San Brandano n’ebbe poche pari in celebrità. Essa fu introdotta, in forma più o meno svolta, secondo le redazioni, nella Image du monde, che diffusissima essa stessa, ajutò a diffonderla sempre più. Un frate Filippo di Cork la inserì, non so se per disteso o in ristretto, in un suo – trattato provenzale delle meraviglie dell’Ibernia, che si conserva tra’ manoscritti del Museo Britannico; Pietro de Natalibus nel suo Catalogus Sanctorum; Wynkyn de Worde nella sua Golden Legend, ecc. Ricordi se ne trovano nel Lohengrin, nel Wartburgkrieg, e in altri poemi tedeschi. Essa era divenuta un tema consueto di narrazione e di recitare, e in un luogo della prima rama del Renard si trova ricordata insieme con istorie romanzesche del ciclo brettone. Inni di religiosi sonarono in onore del santo che aveva corsi i mari, e preghiere si recitarono, che dissero composte da lui fra i perigli della temeraria navigazione. Giovanni di Hese ebbe fantasia di emulano, e accrebbe con brandelli della leggenda di lui l’ingegnoso tessuto delle sue innocenti bugie. Nel presente secolo poeti inglesi si ricordarono del santo morto da dodici secoli, e presi d’ammirazione, ne ricantarono in vario modo le meravigliose avventure.
Da Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo – Arturo Graf
bello bello bello! intanto buone ferie e penso che mi terrò questo materiale buono per un avventura (sistema savage world)… 🙂